Massimo Stepich, ucciso senza un perché

La Cassazione: la roulette russa non torna

Carabinieri

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Empoli, 26 aprile 2018 - La Cassazione ha deciso l’annullamento delle quattro condanne a carico di Franco Cavazza, Gionni Lebbiati Clay Guarda e Leandro Garini. «La motivazione della sentenza di merito è stata viziata», dato che «nel suo svolgimento logico, esiste una frattura che incide, escludendolo, sul rapporto di conseguenzialità necessaria tra i risultati probatori e la conclusione che da essi si è tratta». Cavazza e Guarda avrebbero dovuto scontare 4 anni e 8 mesi, Lebbiati e Garini 4 anni e 2 mesi, secondo quanto stabilito dalla corte d’assise d’appello, per la morte di Massimo Stepich, 22 anni all’epoca dei fatti. Il giovane venne abbandonato davanti all’ospedale di Empoli, dopo aver ricevuto un colpo di pistola nel cuore. Inizialmente si pensò a un regolamento di conti, poi emerse un’altra realtà. Una roulette russa messa in atto per minacciare, ma non per uccidere, il 22enne sinti. In primo grado vennero emesse cinque condanne, era l’ottobre 2014, per morte come conseguenza di reato. Nel 2016, le cose cambiarono: la corte d’assise d’appello cancellò la condanna ad Agostino Lebbiati, la più pesante. L’uomo del clan Lebbiati-Cavazza fu assolto per non aver commesso il fatto: stando a tre testimoni, non era nel campo di Ponterotto, nel Sanminiatese, dove Stepich trovò la morte. Così, in appello, Agostino Lebbiati uscì di scena e gli altri quattro andarono incontro a condanne.

Poi, il ribaltone nel gennaio scorso con il ‘nulla di fatto’ della Cassazione che ha disposto un nuovo processo, dopo i ricorsi presentati dai quattro. «Il giudice di appello – si legge nella sentenza – si è limitato ad affermare che la dinamica del determinismo letale e le circostanze successive all’evento morte escludessero sia la tesi dell’esecuzione a sangue freddo della vittima sia la tesi dell’esplosione del colpo dovuta a un imprudente maneggiamento dell’arma o all’incauto affidamento nella circostanza che la stessa fosse caricata ‘a salve’. E ad asserire che si potesse ritenere integrato il movente della minaccia».

Dunque, non c’è «alcuna plausibile spiegazione di circostanze certamente decisive». In merito al concorso di Garini e Cavazza nel delitto, «la censura articolata nell’interesse del Garini in riferimento alla circostanza che alle 17.13 si trovasse al Terrafino sta a dimostrare la fragilità dell’impianto motivazionale». Il motivo? «La dedotta circostanza è certamente interpretabile nel senso che il Garini non potesse aver partecipato alla minaccia collettiva». A proposito del Cavazza, la circostanza della sua presenza nel casolare «dovrà essere corroborata da ulteriori elementi di prova» diversi da una sola testimonianza «inaffidabile». Infine, dubbi anche sull’occultamento dell’arma.