Mano amputata per un infortunio, il processo e la condanna

Il grave infortunio sul lavoro avvenne alla Revet Vetri Srl di Empoli nel 2016. Il lavoratore stava togliendo residui dal nastro trasportatore. Caso in Cassazione

All’operaio infortunato è stata amputata un mano in ospedale (foto di repertorio)

All’operaio infortunato è stata amputata un mano in ospedale (foto di repertorio)

Empoli, 19 settembre 2022 - Con il passaggio in Cassazione si è chiuso il percorso giudiziario di un grave infortunio sul lavoro avvenuto nel 2016. Gli ermellini, rigettando il ricorso, hanno mandato definitiva la sentenza della Corte d’appello di Firenze che – parzialmente riformando la sentenza di primo grado nei confronti di Marco Ravagnani, 57 anni, originario di Ostiglia – aveva riconosciuto in suo favore le circostanze attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante contestata rideterminando la pena. L’imputato è stato condannato perché, quale presidente della Revet Vetri s.r.l., con sede a Empoli e datore di lavoro dell’operaio, aveva cagionato al lavoratore, "per colpa generica e per violazione delle norme in materia di sicurezza del lavoro", lesioni da schiacciamento della mano sinistra, da cui era derivata l’amputazione della mano e di parte dell’avanbraccio sinistro.

L’infortunato svolgeva mansioni di manutentore, quale lavoratore interinale dipendente di un’agenzia. Nello svolgimento delle proprie mansioni - era stato ricostruito – l’operaio era salito sulle travi che sorreggevano il nastro trasportatore per la pulizia ed eliminare i residui di vetro. Per fare ciò, "operando con il macchinario in movimento, aveva sollevato con la mano destra la gomma che fungeva da protezione al rullo, mentre con la sinistra cercava di eliminare i pezzi di vetro. Ma la punta del guanto sinistro rimase impigliata tra il rullo e il nastro, per cui la mano venne catturata dal rullo che aveva trascinato il corpo del lavoratore". Richiamati dalle urla, i compagni arrestarono il macchinario. Era emerso che il rullo trasportatore era dotato di un carter metallico per impedire il contatto tra il corpo dell’operatore e le parti meccaniche in movimento; "tale carter - si legge nella sentenza - aveva, però, subito un’alterazione perché era stata praticata un’apertura chiusa con un pezzo di gomma fissata con una barretta metallica". Il tribunale aveva affermato la responsabilità dell’imputato reputando che egli avesse violato l’obbligo quale datore di lavoro, "di fornire attrezzature conformi ai requisiti di sicurezza e garantire l’eliminazione dei difetti che potessero pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori, nonché permesso l’instaurarsi di una prassi operativa pericolosa". Tra vari aspetti, la difesa dell’imputato aveva lamentato alla Cassazione come la Corte d’appello avesse escluso che la condotta della vittima fosse stata esorbitante o comunque abnorme con conseguente esclusione del nesso di causalità tra la condotta dell’imputato e l’evento. Aspetti, secondo i giudici, non sussistenti nel caso in esame.