"Ledo resta un paio di anni, sbrighiamoci"

Le intercettazioni fra i vertici dell’Associazione conciatori sono ritenute, dagli inquirenti, significative nella rete dei rapporti illeciti

di Carlo Baroni

L’importanza che Ledo Gori resti al suo posto. Il sodalizio questo voleva e per questo si era spesa anche la sindaca Giulia Deidda. Ma bisogna comunque guardare avanti. E Alessandro Francioni, l’ex presidente del Consorzio Conciatori di Santa Croce, parlandone con Aldo Gliozzi, attuale direttore, aggiungeva che comunque dovevano mantenere il rapporti anche con il soggetto che sembrava destinato a succedere al Gori nell’incarico: "per non trovarsi scaricati dopo", "che se ora si buttavano troppo tra le braccia di Ledo poi si sarebbero trovati in difficoltà e che andava capito l’andazzo e come funzionava, che dovevano studiarci un attimo e chiedere un incontro a Giani".

E’ il tenore della conversazioni il pranzo che Gliozzi riferisce di aver avuto con Gori e Rossi. E il 12 ottobre 2020 quando il direttore dell’Associazione Conciatori – finito ai domiciliari come anche Francioni nell’ambito dell’inchiesta su traffico di rifiuti,inquinamento ambientale e corruzione – racconta in particolare al’interlocutore (Francioni) che: "Ledo aveva ringraziato perché aveva saputo che quando era venuto Giani, il Francioni aveva parlato chiaramente rispetto all’opportunità che lui (Ledo) rimanesse dov’era". E aggiungeva che comunque "Ledo aveva firmato il contratto ed era già operativo". Gliozzi riferiva poi a Francioni sui progetti di Rossi per restare in politica, le relative richieste e il fatto che "Enrico voleva candidarsi alle elezioni" e che "Ledo aveva confermato tutta la piena disponibilità a collaborare e che tra l’altro, mentre erano lì, gli avevano già chiesto un paio di cose tanto per rimanere sul pezzo" e che da quello che avevano capito "Ledo ci sarebbe stato un altro paio d’anni" e che "sarebbe stato meglio sbrigarsi in quei due anni a fare qualcosa". Parole, queste ultime, ritenute significative dagli inquirenti e dal gip nell’ambito di questa vicenda che, secondo l’accusa, vede i dirigenti all’epoca dei fatti mettere in piedi un’associazione per delinquere con l’obiettivo di occultare i reali effetti e la reale natura degli scarti di produzione. E allo stesso tempo mantenere una "gestione illecita" funzionale al risparmio indebito di costi. facendosi aiutare dalla politica con deroghe e facilitazioni. A costo di compiere, secondo la procura, anche , atti illegittimi. Mascherando bene il tutto e inseguendo riconoscimenti pubblici e apprezzamenti, qualificando poi il circuito allestito come esempio virtuoso di economia circolare per conseguire contributi, finanziamenti e trattamenti di favore. Strategico, quindi, il rapporto con la politica. Nelle stessa conversazione Gliozzi diceva poi che "il rapporto con Ledo sarebbe rimasto, che Ledo aveva garantito la collaborazione ed aveva detto che per lui non sarebbe cambiato nulla".

I conciatori tengono alla carriera di Gori. E il riscontro a questo interessamento era dato da Gori ancora nell’ottobre 2020 quando Gliozzi esponeva al capo di gabinetto che richiesta ricevuta dalla Regione riguardante il monitoraggio delle sponde del canale Usciana e le relative difficoltà. l Gori, si apprende, chiedeva subito "chi fosse dell’Arpat" a suscitare determinati controlli e Gliozzi rispondeva che si trattava "di qualche genio, dell’ente regionale, che era il Sanna della situazione". Quel Sanna per il quale si era mossa anche la sindaca , facendo pressioni e agendo anche in prima persona sui vertici politici ed amministrativi perché venisse rimosso o indotto a modificare i suoi orientamenti.