La Oss presa a botte: "Le ferite più profonde sono quelle invisibili. Ci servono aiuti veri"

L’episodio durante il servizio nel reparto psichiatrico con i più fragili. Cecere racconta quegli attimi terribili e chiede provvedimenti:. "Un protocollo con le forze dell’ordine sarebbe fondamentale" .

La Oss presa a botte: "Le ferite più profonde sono quelle invisibili. Ci servono aiuti veri"

La Oss presa a botte: "Le ferite più profonde sono quelle invisibili. Ci servono aiuti veri"

di Ylenia Cecchetti

Tra le voci che si sono alzate per dire "basta alle aggressioni" c’è anche la sua: Elvira Cecere, 50 anni, delegata Fp Cgil Firenze, dal 2020 in servizio all’Spdc (Servizi psichiatrici di diagnosi e cura) dell’ospedale di viale Boccaccio. Segni particolari? Una cicatrice che non se va, che brucia ancora, nonostante sia passato un anno dall’accaduto. "Sono stata vittima di un’aggressione fisica – racconta a flash mob terminato l’operatrice socio sanitaria empolese che ha ancora ben impressi nela memoria quei momenti terribili –. La ferita non è visibile ma è ancora aperta, ci vuole tanta professionalità a lavorare con le fragilità altrui. Fragilità che negli attimi peggiori, il paziente da solo non riesce a gestire". E a rimetterci quando la tensione sale è, spesso, il personale che ogni mattina entra in turno senza sapere cosa succederà durante la giornata.

"Nel reparto psichiatrico abbiamo a che fare con la situazione acuta dei pazienti. Le violenze verbali sono all’ordine del giorno, quelle fisiche non di rado hanno costretto i colleghi ad astenersi dal lavoro per infortunio. Quello che ci mette più tristezza? Non sentirci tutelati. Senza un protocollo d’intesa con le forze dell’ordine, quando scatta l’emergenza, chi arriva in soccorso ci riferisce che in reparto armato non può entrare. Quindi rimaniamo noi oss sole con persone che soffrono di problemi psichiatrici talmente acuti che contenere la rabbia diventa impossibile. Gestirli è molto pericoloso".

Il reparto psichiatrico insieme al pronto soccorso è tra i più bersagliati. E poi c’è il front office dove le aggressioni sono soprattutto verbali e spesso dettate dalle lunghe liste d’attesa. Elvira Cecere ripercorre gli attimi dell’aggressione con lucidità, lo sguardo basso e la voce ferma. "Era una ragazza giovane. Si è scagliata contro di me presa da uno scatto d’ira acuto. Mi ha afferrata per i capelli e gettata a terra mordendomi al braccio. È accaduto di notte, quando il personale in servizio è ridotto al minimo sindacale. I colleghi intervenuti non riuscivano a staccarla, tanta era la furia. Difficile da dimenticare. L’aggressione è durata una mezz’ora, ma i minuti in quel contesto sembrano anni, sono interminabili. Ti manca il respiro, l’aria, ti senti una nullità. Ti senti impotente".

Donne (perché sono soprattutto donne) contro le quali ci si scaglia, si alzano le mani, si lanciano sedie e oggetti che capitano sotto tiro. "Se ho paura quando timbro il cartellino? No – conclude la oss empolese –. Ci sosteniamo molto tra colleghi, abbiamo fatto un lavoro di gruppo importante perché insieme ci sentiamo più forti. Amiamo davvero la nostra professione dove non vogliamo lasciar spazio al sentimento di paura".