"La corsa al Colle fra sorprese e soccorritori"

Dario Parrini e Luca Lotti raccontano le elezioni di Napolitano bis e Mattarella: "Per la prima volta un candidato prese più voti di quelli previsti"

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di Bruno Berti

Furono in tre (come oggi) i parlamentari della nostra zona a trovarsi, nel 2013, alle prese con l’elezione del presidente della Repubblica. Gli onorevoli Dario Parrini e Luca Lotti e la senatrice Laura Cantini (vedi articolo a lato, ndr), a nemmeno due mesi dall’elezione, avvenuta il 24 febbraio, il 18 aprile iniziarono la partita della successione a Napolitano, giunto alla scadenza del mandato. Facevano parte della coalizione Italia Bene Comune, guidata da Pier Luigi Bersani, e rappresentavano un pezzo di rilievo delle truppe renziane (l’Empolese Valdelsa è stato per anni un punto di riferimento per il consenso al senatore).

Sarà la terza volta, con la tornata elettorale che si aprirà domani, che Parrini partecipa al voto per il Quirinale: iniziò con quella che doveva essere la votazione per il successore di Napolitano, ma in una manciata di giorni, tra candidati arsi sulle pire erette dai franchi tiratori e il connesso attacco contro il segretario del Pd Bersani, l’ex sindaco di Vinci si trovò a dare il suo voto all’unico presidente (per ora) che sia stato rieletto all’incarico. "Il segretario Bersani - ricorda Parrini – all’inizio aveva puntato le carte su un personaggio di alto livello e di esperienza come Franco Marini, ex presidente del Senato. Le indubbie qualità dell’uomo cozzavano con due limiti: non univa il Pd, alcuni settori del partito lo contestavano, e spaccava la coalizione Italia Bene Comune. Vendola il 17 aprile annunciò che Sel, il suo partito, avrebbe votato per il giurista Rodotà". E infatti Marini ottenne 521 voti rispetto al quorum di 672. Per risolvere il problema, Bersani fece un’altra proposta che non avrebbe dovuto incontrare ostacoli. Il 19 aprile propose ai grandi elettori di centrosinistra di candidare Prodi.

Al teatro di Capranica in mattinata la proposta passò per acclamazione, ma nel pomeriggio la situazione precipitò, con il materializzarsi dei franchi tiratori, da 101 a 110 (le valutazioni sono discordanti), e Prodi non ce la fece. "Io – prosegue Parrini - avevo sostenuto Prodi con convinzione, ma non così altri. In transatlantico si diceva che un pezzo del partito era nervoso perché avrebbe voluto un voto di ballottaggio tra Prodi e D’Alema". Da non dimenticare che "un altro pezzo del partito non aveva gradito il ritiro della candidatura Marini e che i giovani di prima elezione avrebbero gradito l’ipotesi Rodotà".

A quel punto, il 20 aprile Bersani, Berlusconi e Monti, oltre ad alcuni dirigenti della Lega, come Maroni e Zaia, andarono separatamente da Napolitano a chiedergli di accettare la rielezione. Napolitano, che pure all’inizio aveva rifiutato l’ipotesi di un secondo mandato, accettò. E lo stesso giorno viene rieletto presidente con 738 voti.

L’onorevole Luca Lotti, che concorda con le valutazioni espresse dal senatore Parrini sulla rielezione di Napolitano, era sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel governo Renzi, quando, nel 2015, fu eletto il successore di Napolitano, che lasciava anche per problemi dovuti all’età. "Berlusconi aveva proposto a Renzi, segretario del Pd e presidente del Consiglio, di scegliere tra Amato e D’Alema. I nomi non gli piacevano e, per uscire dall’angolo, ripescò dalla rosa presentata a suo tempo da Bersani il nome di Sergio Mattarella. Questo spiazzò i grandi elettori che in maggioranza non erano renziani, visto che i parlamentari erano quelli eletti nel 2013, quando alla guida del Pd c’era appunto Bersani. Erano i tempi del Patto del Nazareno e durante un incontro tra Renzi, Guerini e io con Berlusconi, Letta e Verdini, il fondatore di Forza Italia ci disse che avrebbe votato per Amato insieme alla sinistra del Pd. A quel punto Renzi rilanciò su Mattarella, a cui la sinistra del partito non avrebbe potuto dire di no. Cambiò lo schema di gioco e il Patto del Nazareno finì".

Sull’elezione di Mattarella Parrini sottolinea che "Renzi avanzò la proposta sapendo che trovava vasti consensi. E infatti Mattarella prese più voti di quelli che ci aspettavamo. Si pensava che disponesse di 629 voti, e invece ne ebbe 665: si parlò di franchi soccorritori. Non era mai accaduto che un candidato al Quirinale prendesse più voti di quelli previsti".

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