Intesa Sanpaolo chiude due filiali Ubi Trasferiti i clienti di Sovigliana e Montelupo

Le misure rientrano nella fusione tra i due istituti di credito. La Fisac-Cgil: "In caso di esuberi interverrà il fondo di categoria"

di Bruno Berti

Sul nostro territorio si stanno facendo sentire le conseguenze del matrimonio tra la potente Intesa Sanpaolo e Ubi Banca. Le filiali di quest’ultima a Sovigliana e a Montelupo saranno accorpate con le sedi più vicine di Intesa Sanpaolo, che da noi significano soprattutto le ‘vecchie’ sedi di Cassa di risparmio di Firenze, nel primo caso quella di Sovigliana e nel secondo quella di viale Centofiori nella città della ceramica. Al momento sembra proprio che la filiale empolese di Ubi resterà aperta, magari, com’è normale, cambiando insegna. Questo, per la nostra area, è il quadro che emerge dagli elementi in possesso di Laura Sostegni, segretario provinciale fiorentino della Fisac-Cgil. "Con un chiarimento importante: i lavoratori eventualmente in esubero non rischiano, visto che in questi casi interviene il fondo di categoria istituito proprio per far fronte a problemi simili".

Dopo aver rispettato le disposizioni dell’autorità antitrust, con il passaggio di filiali a Bper (istituto di credito dell’Emilia), che ha riguardato soprattutto sedi di Ubi dell’aretino, adesso la partita si trasferisce sulle rete di sportelli rimasta in carico a Intesa. E’ chiaro che alcuni sono doppioni di altri, e quindi i vertici dell’istituto di credito guidato da Carlo Messina, da anni alla guida della banca divenuta, grazie alle acquisizioni e alla crescita interna, il punto di riferimento nel mondo del credito tricolore, stanno guardando a un riassetto della presenza nel nostro Paese.

In Toscana c’è una presenza rilevante di filiali, e di sportelli, retaggio dell’avventura, finita male, di Banca Etruria, poi passata a Ubi. Nel caso dell’Empolese, come si ricorderà, Banca Etruria godeva del livello di penetrazione ottenuto negli anni dall’istituto aretino, reso ancor più rilevante dall’esperienza della Banca cooperativa di Capraia Montelupo e Vitolini, che all’inizio degli anni ’90 si fuse con l’allora Banca dell’Etruria e del Lazio, portando in dote un pacchetto di risparmiatori e di imprese correntiste di tutto rilievo. L’unificazione fu conclusa a prezzo di uno scontro pesante tra i soci della cooperativa, divisi tra fautori e contrari all’operazione. L’esito lasciò un bel po’ di amaro in bocca all’ala perdente, diciamo così, che comunque non poteva certo immaginare le ripercussioni finali, quelle che videro i risparmiatori sul sentiero di guerra (poi hanno ottenuto soddisfazione, magari non tutta quella che avrebbero voluto) per esser stati indotti ad acquistare prodotti finanziari rischiosi per i loro sudati risparmi (nella foto) soprattutto in occasione dei seri guai che portarono, qualche anno fa e con vibrate polemiche, l’istituto di credito al passaggio sotto le ali di Ubi.

"Le grandi banche – chiarisce Sostegni – puntano a risparmiare i costi delle filiali. Tanto più che in periodo di Covid i problemi aumentano dal punto di vista dei necessari interventi di sicurezza, senza contare i costi assicurativi. In questo caso mi riferisco a quelli della responsabilità civile, e non a quelli su furti e rapine che sono un’altra questione. Tra l’altro, faccio notare che non è vero che in Italia abbiamo troppe filiali e un elevato numero di dipendenti, tra l’altro molto diminuiti negli ultimi anni per la crisi. Basti pensare alla Germania, che su questi due aspetti ci supera ampiamente". Intanto, anche da noi, si guarda al futuro (Unicredit o no?) di quello che fu il big assoluto del credito: il Monte dei Paschi.