In treno fino a Empoli per il tampone "Nessuna risposta dalla Asl"

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Alla fine per farsi il tampone è stata costretta a prendere un treno. Lei e suo fratello lo hanno chiesto per giorni, visto che i genitori sono entrambi positivi, ma dall’Asl nessuno li ha mai contatti. È l’odissea di Elena Reitano, studentessa universitaria pisana di 21 anni, e di suo fratello, appena 18 anni. "Non c’è stato altro modo per fare il test - racconta Elena a ‘La Nazione’ - e io ho il sospetto di essere positiva, visto che da giorni non sento né odori, né il gusto pur non avendo altri sintomi. Mio fratello invece sta bene. L’Asl non ci ha mai contattati, alla fine l’unico posto che abbiamo trovato era a Empoli". Una storia simbolo che mette a nudo le storture di un sistema sicuramente sotto stress a causa della pandemia ma che deve trovare al più presto i correttivi per evitare che situazioni di questo tipo si ripetano. "Io mi sono sentita quasi in colpa a prendere il treno", ammette Elena Reitano che poi aggiunge: "Ma ho fatto tutto il possibile per eseguire il test nella mia città". Il padre di Elena, dipendente della mensa universitaria, ha contratto il virus ai primi di ottobre o poco più, è stato male ed è finito in ospedale con un principio di broncopolmonite ora in fase di risoluzione, la mamma, che fa la postina, è invece asintomatica. "Io e mio fratello non guidiamo. Avevo contattato un’associazione di volontariato per il trasporto in ambulanza, ma ci hanno chiesto 90 euro. Abbiamo scelto di andare in treno, con mascherina ffp2, guanti e gel igienizzante. Siamo saliti su un vagone semideserto". A Empoli i due fratelli sono stati separati, non prima di essere stati controllati dalla polizia alla stazione. "Anche gli agenti - conclude - sono rimasti increduli, ma di fronte alla nostra spiegazione ci hanno detto che non potevamo fare altrimenti".

Gabriele Masiero