Gulotta e Cucchi, ferite insanabili. «Per 22 anni nessuno mi ha creduto»

La confessione di Olino riaprì il caso. «Aspetto che l’Arma si scusi»

Giuseppe Gulotta (Germogli)

Giuseppe Gulotta (Germogli)

Certaldo (Firenze), 16 ottobre 2018 - «L’Arma si scusa sempre quando alcuni dei suoi componenti sbagliano e viene accertato che vengono meno al proprio dovere». Lo ha detto il comandante generale dell’Arma dei carabinieri, Giovanni Nistri, sul caso Cucchi. Ma c’è un altro caso, altrettanto tragico e per fortuna con un finale diverso, il cui protagonista aspetta ancora di riceverle, quelle scuse. La storia di Giuseppe Gulotta per molti aspetti è simile a quella del geometra romano. Anche per l’ex muratore di Certaldo è stata la testimonianza di un ex militare, Renato Olino, a far riaprire il processo. Sospettato dell’omicidio di due carabinieri avvenuto ad Alcamo Marina nel 1976, Gulotta (che all’epoca aveva appena 18 anni) fu prelevato dalla sua abitazione, portato in caserma, legato mani e piedi, picchiato, minacciato di morte con una pistola.

Per dieci ore fu sottoposto a torture indicibili per estorcergli una ‘confessione’. Mezzo morto, la mattina successiva firmò la sua condanna. Inutili le ritrattazioni davanti al giudice e il racconto di quella notte nelle mani degli aguzzini in divisa. Per anni ha gridato la sua innocenza, ma nessuno lo ha ascoltato. Fu condannato all’ergastolo e dopo 22 anni trascorsi in carcere da innocente è stato assolto il 13 febbraio 2012 e risarcito con 6,5 milioni di euro, la cifra più alta che lo Stato italiano abbia mai sborsato per riparare a un errore giudiziario.

A quasi sette anni dalla sentenza che le ha restituito la libertà e fatto emergere il comportamento esecrabile di quei carabinieri che indagavano sul caso, l’Arma non le ha ancora chiesto scusa?

«No, non ho mai ricevuto scuse da nessuno e a questo punto non me ne importa più niente. Se qualcuno delle istituzioni sente di dover chiedere perdono, lo faccia nei confronti dei familiari di quei due poveri carabinieri uccisi, Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta. Io ho avuto giustizia. Loro ancora no».

Cosa pensa del caso Cucchi?

«Che finalmente sta emergendo la verità, quella che anche io ho sempre raccontato e che per anni nessuno ha voluto ascoltare; quella cioè che anche nell’Arma possono esserci delle mele marce che nulla hanno a che vedere con la divisa che indossano e che con comportamenti sbagliati invece di onorarla la sporcano».

Secondo lei, perché ci sono voluti così tanti anni per far luce sulla sua storia?

«Quando venne fuori la confessione di Olino, mia moglie Michela ne parlò in varie trasmissioni televisive, ma non ebbe un’eco dirompente come il caso di Stefano Cucchi. Io ero vivo e già condannato all’ergastolo. Del resto c’è chi mette ancora in dubbio la mia innocenza perché sulla strage di Alcamo Marina, purtroppo, è emersa una verità a metà: si sono trovati gli innocenti, ma non i colpevoli».