"Gli studenti non amano la didattica a distanza"

Lo dice uno studio del consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi: "Il 54 per cento dei ragazzi soffre la mancanza della scuola"

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EMPOLI

"Un’indagine del centro studi del consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi commissionata dal ministero dell’Istruzione ha mostrato come gli studenti non siano per niente amanti della dad e che invece soffrono dell’assenza della scuola in presenza: oltre 6 ragazzi su 10, fra i 14 e i 19 anni, tengono molto alla didattica in presenza, anzi, il 54% ne soffre tanto la mancanza". Parte da questo dato la dottoressa Margherita Carmignani, psicologa libero professionista empolese e consulente dello sportello ascolto in una scuola superiore empolese, per fare un’ampia riflessione su giovani e Covid.

Dottoressa che impatto sta avendo il Covid sugli adolescenti?

"Dal punto di vista scolastico è stata fatta una valutazione che si è basata solo sulle capacità cognitive, ma non su quelle emotive. E’ vero che i ragazzi hanno abilità tecnologiche avanzate, ma non bastano per seguire sei ore di lezioni a distanza".

Quali sono le principali mancanze?

"Innanzitutto la dad rende più complessa la trasmissione delle informazioni da parte dei docenti e allo stesso modo è più difficile per gli studenti recepirle, soprattutto per chi ha già difficoltà d’apprendimento. Il problema della dispersione scolastica con la didattica in remoto si amplifica ancor di più".

Quella del 2021 sarà una Maturità ancora condizionata dal virus. Si parla di una maxi orale: studenti e presidi sono preoccupati…

"E’ comprensibile. A mio avviso si dovrebbe lavorare per garantire un esame con almeno uno scritto. Gli spazi nelle scuola per accogliere le sole quinte ci sono. Si possono dividere le classi e raddoppiare le commissioni d’esame. La modalità migliore, volendo, si trova. Non sprechiamo l’occasione. La Maturità è una ‘milestone’, una pietra miliare, nella vita di un adolescente con tutte le narrazioni che ci sono dietro: la preparazione, l’ansia, il confronto, le aspettative. Far ritornare i ragazzi a scuola, anche se al 50 per cento, è stato un passo importante. Lo sforzo compiuto dalla Regione Toscana con la riorganizzazione dei trasporti è un esempio virtuoso: ha finalmente fatto dire ai giovani ‘qualcuno ci tiene veramente a noi’".

In questa emergenza sanitaria si doveva fare di più per le giovani generazioni?

"Diciamo che certi errori si dovevano evitare. Molti giovani si portano addosso un pesante senso di colpa, questo dovuto spesso a una comunicazione sbagliata veicolata anche dai media. Chi ha avuto genitori o nonni contagiati, finiti in terapia intensiva o deceduti, sente su di sé la responsabilità di quello che è accaduto. Quel ragazzo non ha fatto nulla di sbagliato, ma si sente comunque in colpa. Ripensa magari a quella volta che a scuola si è abbassato la mascherina per fare merenda e si colpevolizza. Il senso di colpa è pesante da sostenere per un adolescente".

Come l’isolamento?

"Sì, le norme di distanziamento sociale stanno trasformando le relazioni reali. I giovani sono sempre più dipendenti da computer e smartphone. Aumentano le dipendenze da social network. Ci sono ragazzi che arrivano a fine giornata e si sono dimenticati di fare i compiti perché sono stati tutto il tempo a scrollare compulsivamente i social. E’ ormai parere di molti esperti: il 2021 sarà l’anno della pandemia psicologica legata al Covid".

Irene Puccioni