"Il mio amico Felice Gimondi, grand’uomo"

Bitossi piange il campione di ciclismo: "Bella la nostra rivalità, era fortissimo"

Felice Gimondi, scomparso all'età di settantasei anni

Felice Gimondi, scomparso all'età di settantasei anni

Empoli, 18 agosto 2019 - Franco Bitossi di Camaioni, ma empolese ormai da diversi anni, e Felice Gimondi di Sedrina (Bergamo). Il toscano, classe 1940, e il lombardo del 1942, hanno percorso una carriera praticamente parallela, chiudendola lo stesso giorno allo stesso modo: nel 1978 al Giro dell’Emilia alzando bandiera bianca prima dell’inizio delle salite. «Avevamo ottenuto tanto dal ciclismo, lui certamente più di me. Per entrambi era arrivato il momento di ritirarsi», racconta lo stesso Bitossi che ha appreso la notizia della morte del suo grande amico-rivale mentre si trovava in vacanza a Lido di Camaiore.

Siete stati due miti per almeno due generazioni di bambini che sulla sabbia si sfidavano a biglie con le vostre immagini...

«Ma di gare sulla strada ne ha vinte molte di più lui. Ha primeggiato ovunque: nei giri a tappe, nelle classiche monumento e nelle gare di un giorno. E’ stato un grande campione, che in più occasioni, però, ho avuto la capacità e la forza di superare. Le due volte che ho vinto il Giro di Lombardia, nel 1967 e nel 1970, Felice è arrivato dietro di me. La seconda volta l’ho battuto allo sprint. E’ stato una dei miei successi più belli perché me la sono giocata fino all’ultimo metro, riuscendo a mettermi dietro un grande atleta».

Anche al campionato italiano la vostra rivalità infiammava i tifosi. Alla fine delle vostre carriere avete ottenuto due titoli a testa...

«Sì, ma avrei potuto fare tripletta. Ho vestito la maglia tricolore nel 1970 e nel 1971, relegando Felice al secondo posto, ma l’anno successivo lui ebbe uno spunto migliore e mi dovetti accontentare della piazza d’onore». In gruppo che ciclista era Gimondi? «Un corridore generoso e corretto. Non era certo un mattacchione. Rimaneva molto sulle sue, ma che se poteva farti un favore non si tirava indietro. Più volte è capitato di accordarsi per chiudere su una fuga o lasciarla andare. Era uno che si faceva rispettare ma senza alzare la voce».

Alla fine della carriera vi siete continuati a sentire o a vedere?

«Sì, ci vedevamo ai vari raduni degli ex corridori e un paio di volte sono andato anche alla sua Gran fondo. Ci legava una bella amicizia, un rapporto di reciproco rispetto costruito in tanti anni di condivisione dello stesso sport, della stessa professione». Cosa perde il ciclismo con la scomparsa di Felice Gimondi? «Un grande uomo, prima che un fortissimo atleta. Ma di lui restano le gesta. Mi mancherà molto, come mancherà a tutti».