Erika morta in discoteca, c’è la prima svolta: tre indagati

Il dramma nell’Empolese: ipotesi spaccio nella ’disco’. Riflettori della procura sul pusher tunisino, un amico di lei e la gestione del locale

La foto di Erika Lucchesi che la ragazza usava come profilo su Facebook

La foto di Erika Lucchesi che la ragazza usava come profilo su Facebook

Firenze, 24 ottobre 2019 -  I carabinieri continuano a dar la caccia a Emir Achour, il tunisino di 27 anni indagato da qualche giorno per la cessione della droga che avrebbe poi ucciso Erika Lucchesi, la 19enne di Livorno morta sulla pista da ballo della discoteca ‘Mind’ di Sovigliana. Da domenica, è introvabile. Ma le indagini, condotte dal pm Fabio Di Vizio della procura di Firenze, sono andate oltre.

E alla vigilia dell’autopsia, che verrà effettuata questa mattina alla medicina legale di Careggi, accanto a quello del nordafricano irreperibile, il pm Fabio Di Vizio ha iscritto altri due nomi sul registro degli indagati. Sono il livornese Matteo Nerbi, 20 anni, che, secondo una prima ricostruzione avrebbe a sua svolta smerciato la droga presa dal fornitore. Ma sott’accusa è finita anche Antonietta Abruzzese, 47 anni, il legale rappresentante della discoteca ’Mind’, che sabato scorso ospitava una notte di musica techno con il nome del «mitico» Jaiss, situazione molto in voga negli anni ’90 e che aveva fatto arrivare in treno a Empoli anche la giovane Erika. Morte in conseguenza, non voluta, di altro reato, spaccio, omicidio colposo. «L’iscrizione sul registro degli indagati del rappresentante del locale è un atto non soltanto dovuto, ma essenziale per fare chiarezza sulla situazione», dichiara l’avvocato Gianni Assirelli, difensore del locale assieme al collega del foro di Pisa Alberto Marchesi. 

Alla base delle contestazioni, ancora provvisorie, mosse dal pm Di Vizio c’è lo spaccio, che sarebbe avvenuto anche dentro la discoteca di Sovigliana, attualmente sotto sequestro. Al gestore del locale, viene contestato l’articolo 40 del codice penale: «Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo», dice la legge. E dentro il Jaiss, sabato scorso, secondo le immagini acquisite dai carabinieri, non si sarebbe controllato troppo se in pista circolavano pasticche o polverine. 

Ma per delineare bene i contorni dei fatti e delle eventuali responsabilità, sarà fondamentale l’autopsia. L’incarico è stato affidato al medico legale Beatrice De Fraia, che sarà affiancata dal dottor Silvio Chiriconi dell’Università di Pisa, tossicologo. Agli accertamenti parteciperanno almeno anche due consulenti per conto del Jaiss. Nel frattempo, prende corpo l’ipotesi di un cocktail assassino assunto, forse addirittura inconsapevolmente, da Erika. Tant’è che gli incaricati della procura, oltre a stabilire l’ora e la causa del decesso della 19enne, dovranno verificare l’eventuale «esistenza di specifici fattori endogeni e/o esogeni che si pongano in rapporto di causa o concausa rispetto all’evento letale, ivi compresa l’assunzione di sostanze stupefacenti e/o alcoliche e/o psicotrope, eventualmente adulterate o commiste con altre atte ad accentuare la potenzialità lesiva/tossicologica». I consulenti dovranno anche capire se Erika, al momento del decesso, «si trovasse sotto l’effetto di una specifica sostanza psicotropa» e se vi siano «evidenze di pregresse assunzioni».

Ma la procura, vista la delicatezza del caso, vuole escludere anche l’efficienza della catena dei soccorsi. Analisi sono state disposte infine anche sulle sostanze sequestrate durante i sopralluoghi effettuati dai militari nel locale ormai vuoto. L’avvocato Valentino Nerbini, nominato per il tunisino, prima di tutto pensa a limitare altre tragedie come quella accaduta ad Erika: «Il soggetto da me assistito – dice Nerbini - ad oggi è irreperibile ma risulta presumibilmente radicato nel territorio di Livorno. Da quanto risulta, più che un abuso di sostanze sembra che ci sia in circolazione droga di cattiva qualità». Attenzione, ragazzi.