In gergo si chiama ’High Dependency Unit’ (Hdu) e in pratica è un’area semi intensiva del pronto soccorso dotata di letti attrezzati dove è possibile rimanere più a lungo (anche 24-48 ore). L’Hdu di Empoli, durante la pandemia, ha preso in carico oltre 3400 pazienti critici con un ruolo fondamentale nella gestione attenta e tempestiva dei malati più gravi proprio nella fase di picco dell’emergenza Covid. Negli ultimi due anni quest’area è stata implementata con 4 letti monitorizzati e insieme ai 3 box visita intensivi della shock room e ai 7 box visita monitorizzati, già presenti da tempo. Dal marzo 2020, tra gli oltre 130mila cittadini che si sono rivolti al pronto soccorso in regime d’urgenza, sono stati curati in quest’area 1343 codici rossi e 1076 ’urgenze indifferibili’. Di questi, 722 pazienti avevano una grave insufficienza respiratoria, di cui oltre 200 trattati con ventilazione non invasiva e per brevi periodi anche invasiva, 435 ictus cerebrali, di cui 136 sottoposti a trombolisi sistemica eseguita in emergenza in pronto soccorso, monitorizzati 24 ore e poi trasferiti nel reparto di degenza diretto da Luca Masotti in collaborazione con la Neurologia diretta da Leonello Guidi. E ancora: dei 136 pazienti sottoposti a trombolisi sistemica 27 sono stati trasferiti dall’Hdu del San Giuseppe direttamente alla neuroradiologia di Careggi in corso di terapia trombolitica previa una valutazione teleneuroradiologica in tempo reale con Careggi. Tra le patologie più gravi trattate l’infarto miocardico (285 pazienti), insieme a 79 arresti cardiaci, 29 embolie polmonari a rischio intermedioalto di cui 7 sottoposte a trombolisi sistemica e altre emergenze cardiovascolari, curate in collaborazione con il reparto di cardiologia, diretto dal dottor Attilio del Rosso. Sempre in HDU sono stati trattati anche 136 pazienti affetti da sepsi severashock settico e 128 pazienti politraumatizzati, gestiti insieme ai professionisti della rianimazione, della chirurgia e dell’ortopedia. "L’Hdu della medicina d’urgenza del San Giuseppe si è rivelata utile anello nella “catena della sopravvivenza” dei pazienti affetti da patologie tempo dipendenti che richiedono come noto un approccio tempestivo e spesso multidisciplinare – spiega Simone Vanni, direttore del pronto soccorso – Questi risultati confermano l’idea che la squadra vincente non è tanto quella del fuoriclasse, che è ovviamente benvenuto là dove effettivamente c’è, tanto quella composta da diversi giocatori, ognuno con diverse capacità e professionalità, che sanno integrarsi e lavorare insieme con costanza e sacrificio per uno stesso obiettivo comune, la salute di migliaia di persone che ogni anno si rivolgono ai nostri pronto soccorsi".