Coronavirus. La passeggiata con il figlio? "Meglio farne a meno"

Lo spiega il dottor Roberto Bernardini, direttore della pediatria del San Giuseppe. "I bambini possono essere contagiati dal virus o contagiare altre persone"

Il dottor Roberto Bernardini

Il dottor Roberto Bernardini

Empolese Valdelsa (Firenze), 3 aprile 2020 - In tempi di pandemia Covid19, per i bambini fare la passeggiata non è indispensabile. Lo spiega il dottore Roberto Bernardini, direttore della struttura organizzativa complessa pediatria dell’ospedale San Giuseppe di Empoli, interpellato sull'argomento alla luce del via libera a fare una camminata all’aperto con un genitore, sancito da una circolare del Governo.

Uscire è indispensabile per i più piccoli?

«In questo momento, no».

Non è rischioso sotto il profilo del rischio contagio?

«Lo è. I bambini possono essere contagiati dal virus o contagiare altre persone, in quanto possono avere l’infezione ma non avere sintomi».

Quali sono le regole da osservare prima, durante e dopo la passeggiata?

«Prima di uscire, effettuare l’igiene accurata delle mani e mettere la mascherina. Durante la passeggiata, mantenere la distanza da altre persone di almeno un metro e non toccare con le mani oggetti di qualsiasi natura. Dopo la passeggiata, a casa, togliersi la mascherina e lavarsi le mani prima di toccare se stessi, altre persone o oggetti».

Anche per i bambini sono consigliati guanti e mascherina?

«Sempre la mascherina. Per quanto riguarda i guanti, se quando esce il bambino tocca oggetti inanimati che potrebbero contenere il virus, i guanti lo proteggono. Se con i guanti contaminati dal virus, il bambino si tocca o tocca altre persone, questi possono diventare veicolo di infezione».

I più piccoli sono meno esposti a rischio contagio?

«No. Una cosa è il contagio, un’altra cosa sono i sintomi: i bambini hanno meno probabilità se contagiati di avere sintomi gravi rispetto agli adulti».

Il coronavirus è quindi meno pericoloso per loro?

«Si, visti i dati che abbiamo a oggi a disposizione».

Ci sono dei soggetti a rischio nonostante la giovane età?

«In particolare i bambini con deficit del sistema immunitario e con problematiche oncologiche, sottoposti a chemioterapia».

Ma se lei avesse un figlio piccolo, lo porterebbe fuori?

«No, anzi approfitterei per stare con lui in casa, per parlarci, raccontargli storie, leggergli libri adatti alla sua età, giocarci. Cercherei di fare tutto quello che, con i ritmi di vita che abbiamo solitamente, non farei e che aiuta a stringere ancora di più il legame affettivo genitore-figlio». 

Samanta Panelli