"Bollette e farina, così è durissima" E il panificio ora rischia il tracollo

L’allarme dell’imprenditore Giovanni Bucella: "Rincari insostenibili, questa guerra dei prezzi ci sta stritolando"

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di Tommaso Carmignani

"La bolletta? Fosse solo la bolletta, il problema". Un anno fa la farina stava a 30-35 euro il quintale. Oggi supera di gran lunga i 60. "Per non parlare dell’olio di semi, che da 90 centesimi è passato a 3 euro". La situazione è al limite. E se a lamentarsi sono anche i pilastri della tradizione artigiana locale vuol dire che la preoccupazione ha superato i livelli di guardia. Giovanni Buccella fa il panificatore dal 1979: oggi è titolare del panificio Burresi, uno degli impianti industriali più importanti dell’Empolese Valdelsa, con oltre 300 clienti tra piccole botteghe e grande distribuzione dal Chianti alla Valdicecina. I costi si stanno mangiando tutti i margini che potrebbe accumulare dopo la fine della pandemia e a rischiare, ora, sono soprattutto i tanti dipendenti a cui dà lavoro. "Tra il forno principale a Gambassi Terme, l’azienda di Montaione che fa prodotti congelati e la pasticceria ne abbiamo più di 30. Andando avanti di questo passo – dice ancora l’imprenditore – non so davvero come andrà a finire".

La guerra dei prezzi è cominciata con i rincari delle materie prime e dell’energia. "Se parliamo di gas – spiega Buccella – considerate che in media spendevamo circa 4700 euro al mese. Solo ad agosto me ne sono arrivati da pagare circa 12mila. Per la luce abbiamo i prezzi bloccati e siamo tranquilli almeno fino alla fine dell’anno, ma il nostro fornitore ci ha già detto che rincarerà". E poi ci sono appunto le materie prime. "Abbiamo smesso di friggere i classici prodotti da forno e da pasticceria perché l’olio di semi è passato da 90 centesimi a 3 euro al litro. La farina, poi, continua ad aumentare senza soluzione di continuità. Una botte da cento quintali che prima mi costava 3mila euro ora è già intorno ai 6mila. E aumenterà ancora". Il risultato lo si vede nel computo degli utili. E di aumentare il prezzo del prodotto finale se ne parla fino a un certo punto, perché se questo può andar bene per una piccola bottega, diverso è il discorso della grande distribuzione.

"Le quantità erano già diminuite nel momento in cui molte catene avevano iniziato a produrre per conto proprio, ma ora siamo davvero ad un punto di non ritorno. L’aumento del 7-8 per cento che c’è già stato – dice ancora Buccella – ci ha permesso di tamponare gli effetti di due anni di Covid, ma se guardiamo al futuro vediamo solo nubi scurissime. Se i supermercati ci obbligano a non alzare i prezzi finiamo per vedere azzerati i nostri margini e quindi, di conseguenza, andare avanti su questa strada diventa quasi impossibile. Per contro ci sono le piccole botteghe che invece vorrebbero aumentare il costo del prodotto finito. Un panificio industriale come il nostro deve tenere i piedi in due staffe, ma ora stanno venendo meno le condizioni e sono preoccupato per tutti i miei dipendenti". Anche perché la tradizione del pane appena sfornato sulla tavola degli italiani sta perdendo forza e consistenza. "Il nostro è un prodotto povero, non possiamo pensare di farlo pagare chissà quale cifra. Gli scenari non sono idilliaci e non pensate che questo valga solo per i forni industriali come il nostro. So per certo che anche i piccoli stanno vivendo le nostre stesse difficoltà".

Un momento talmente complicato che certe volte verrebbe voglia di mollare tutto. "Me lo dicono in tanti – conclude Buccella – ma un imprenditore non ragiona solo in termini di soldi e di guadagno. La soddisfazione che c’è nel creare qualcosa e dare lavoro agli altri è impagabile, ma se vengono meno le condizioni è dura andare avanti. Faccio questo lavoro dal 1979 e ho aperto questo forno con mio fratello nel 2005. Se penso al futuro non so davvero cosa altro aspettarmi".