Banca condannata a risarcire 150mila euro

Interessi e oneri non dovuti dal 1992 a oggi: il giudice impone all’istituto di rimborsare un’azienda empolese del tessile

L’azienda aveva aperto un conto corrente con l’istituto di credito nel 1992

L’azienda aveva aperto un conto corrente con l’istituto di credito nel 1992

Empoli, 16 settembre 2021 - Il conto da pagare, fra interessi di mora e spese legali, potrebbe sfiorare i 150mila euro. È la cifra che il giudice Caterina Condò della terza sezione civile del tribunale di Firenze ha stabilito venga versata da una banca nei confronti del proprio correntista: un’impresa tessile empolese. La cifra, come stabilito dalla sentenza del 28 giugno rappresenta un risarcimento per illegittimo addebito di interessi e illegittima variazione unilaterale dei tassi debitori. In pratica: somme addebitate negli anni all’azienda a titolo di spese, anatocismi (interessi sugli interessi) e oneri bancari che però, per il giudice, non erano dovute.

La vicenda era approdata nelle aule del tribunale civile di Firenze nel 2017 dopo che l’impresa ha iniziato ad avere difficoltà nel rientrare dallo scoperto con la banca. E lì, ai titolari, è scatta la domanda: ma questi soldi saranno davvero dovuti? Così nel 2017 si è arrivati all’atto di citazione dell’azienda, assistita dall’avvocato Alfonso Leccese. L’esito della perizia di parte, fatta eseguire sul conto corrente e sulle clausole contrattuali sopravvenute dal 1992 a oggi fra banca e azienda: circa 95mila euro versati alla banca negli anni, non erano dovuti.

Della tesi opposta è stata la banca che, tramite una sua perizia, ha valutato come legittimo il versamento della cifra, se non per circa 9mila euro. Le due parti, non trovando una via di conciliazione sono andate in giudizio nel 2020. In base alla sentenza, a far lievitare gli oneri bancari, è stato un articolo inserito nel contratto del 1992, all’apertura del conto corrente. Articolo che recita: "L’azienda di credito si riserva la facoltà di modificare in qualsiasi momento le condizioni che regolano i rapporti del conto corrente". A patto, recita l’articolo, di informare la correntista.

Ma, in giudizio, non è stato possibile provare che le comunicazioni dell’istituto fossero avvenute con regolarità per ogni variazione contrattuale. Il giudice ha così accolto le richieste dell’azienda riguardo a l’illegittimo addebito di interessi ultralegale non previsti in contratto, illegittima variazione unilaterale in senso sfavorevole alla correntista e illegittima girocontazione delle competenze in conto anticipi. Il tutto per la cifra individuata dall’azienda di 95mila euro. "Dall’analisi della documentazione - commenta l’avvocato Alfonso Leccese - è emerso che negli anni risultavano addebitati in danno alla cliente, svariate somme a titolo di spese e commissioni mai pattuite o pattuite in maniera generica, in spregio alla normativa in materia di trasparenza". Ai 95mila euro si sommeranno gli interessi di mora e le spese legali delle perizie per un totale di circa 150mila euro.