Aziende senza ristori "Colpa di un codice"

Parte la campagna "Colpevole di Ateco sbagliato": Cna in pressing sul govern affinché gli aiuti siano concessi ad ogni tipologia di impresa

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di Tommaso Carmignani

A lungo sono stati un mero codice identificativo, un qualcosa che in fondo faceva poca differenza. Oggi, con la pandemia da Covid 19, il codice Ateco, cioè quella stringa di numeri che identifica un’attività, è diventata croce e delizia degli imprenditori. In base a quello si stabilisce chi può stare aperto perché considerato attività di primaria importanza e chi invece deve stare chiuso, ma anche chi ha diritto ai ristori. E su questo si è nuovamente scatenata la polemica. "Ristori uno, bis e ter, ma la sostanza non cambia: sono ancora troppe le imprese escluse dai sostegni. La colpa? Avere un codice Ateco ‘sbagliato’ – spiega il presidente di Cna Empolese Valdelsa Marco Landi –, uno di quelli che il Governo ha mancato di inserire nella lista che dà accesso ai contributi a fondo perduto, come se esistesse una filiera non colpita dalla pandemia, Grande Distribuzione Organizzata e Commercio online a parte".

E’ da qui che parte la campagna "Colpevole di Ateco sbagliato", che vuole sostenere il pressing che l’associazione sta facendo sul governo affinché gli aiuti siano concessi ad ogni tipologia di impresa, in base alla perdita di fatturato. A mettere la faccia nella campagna sono direttamente gli imprenditori, in rappresentanza di tutti i loro colleghi tra cui tre rappresentanti del sistema economico dell’Empolese Valdelsa: Simone Falli, codice Ateco 132000, artigiano di Certaldo che vende i suoi prodotti nei mercati e nelle fiere promozionali (sospesi) e che registra un calo di fatturato del 90% e Andrea e Serena Panchetti, codice Ateco 107100, panificatori di Castelfiorentino che registrano un -70% di fatturato per le limitazioni di ristoranti e strutture ricettive che costituiscono una fetta importante della loro clientela. "Siamo riusciti a far inserire nei decreti tante altre categorie come lavanderie industriali, fotografi, pizzerie a taglio, rosticcerie in prima battuta escluse, ma tante ne mancano ancora – spiega Landi - Abbiamo già presentato un emendamento per ricomprendervi un cospicuo raggruppamento di attività da supportare senza ulteriore indugio, tale da includere, in primis, le tintolavanderie non industriali, le imprese operanti nel trasporto merci, specie quello legato al settore della ristorazione, gli impianti e le imprese di pulizie legati ai settori oggetto di espresse limitazioni di carattere amministrativo, l’ampio settore dell’artigianato artistico legato a fiere, mercati e al turismo. Fermo restando che la scelta più opportuna, che chiediamo da giorni, è quella di una concessione del fondo perduto per ogni impresa, da concedersi in base alla diminuzione di fatturato, uscendo dalla logica dei codici Ateco". La campagna è condivisibile anche sui social con l’#atecosbagliato.