L’Albor ha chiesto il concordato. Trentanove posti di lavoro a rischio

La storica azienda che fabbrica cornici ha sede a Gambassi Terme

Da sinistra Alessandro Lippi della Fillea-Cgil e Sergio Luschi della Cgil mentre illustrano la crisi all’Albor

Da sinistra Alessandro Lippi della Fillea-Cgil e Sergio Luschi della Cgil mentre illustrano la crisi all’Albor

Gambassi Terme (Firenze), 11 ottobre 2017 - Un'altra azienda valdelsana getta la spugna. L’Albor di Gambassi Terme, l’impresa leader nel settore delle cornici nata negli anni ’60, ha chiesto il concordato in bianco (ci sono 3-4 mesi per la decisione del giudice) con il quale la società per certi versi prende tempo ma soprattutto mostra una difficoltà di fondo a procedere nell’attività. I 39 lavoratori dell’impresa, già provati da quattro anni di solidarietà (una sorta di cassa integrazione), vedono messa in serio pericolo l’occupazione.

«DEL PROBLEMA – dice Sergio Luschi, responsabile di zona della Cgil – oggi sarà investito Gianfranco Simoncini, il consulente per il lavoro del presidente della Regione, Rossi. Noi puntiamo sulla continuità lavorativa, anche perché non possiamo assistere impotenti all’impoverimento occupazionale del territorio. Senza contare che i 39 lavoratori sono persone sì esperte e capaci, ma proprio per questo in là con gli anni e di difficile collocazione se l’azienda cessasse del tutto l’attività. Un serio problema considerando anche le famiglie coinvolte. Tra l’altro il contratto di solidarietà non può coprire oltre il 40% dell’orario di lavoro, limite impossibile da non superare se l’attività si ferma. La vicenda è conosciuta anche dal sindaco di Gambassi, Paolo Campinoti, che dato la sua disponibilità a impegnarsi».

«DALLE ISTITUZIONI non vogliamo – dice Alessandro Lippi della Fillea-Cgil – solo solidarietà, che è scontata: servono soluzioni. Importante è poter continuare a lavorare, anche cercando nuovi imprenditori. Il problema è serio perché a fabbricare cornici in Valdelsa sono rimaste solo sei grandi (per il comparto) fabbriche e praticamente nessuna di esse è immune da problemi di mercato che significano procedure di cassa integrazione e solidarietà. Quindi, anche l’indotto soffre. Tutto questo in un’area in cui pure i mobilifici chiudono, ultimo in ordine di tempo la Gmg, un nome storico del settore, anch’esso con sede a Gambassi. Credo che in questa situazione si stia perdendo la ‘capacità di fare’ mettendo così in discussione un prezioso patrimonio di conoscenze. Per dare l’idea di quel che è successo, c’è un’immagine che a un sindacalista fa male: quella dei parcheggi dei capannoni delle aziende chiuse in cui non solo sono nate le erbacce, ma anche degli alberi».

Il sindacalista rivolge anche un invito alla proprietà. «A risolvere i problemi non potrà certo essere una commerciale (la vendita di prodotti realizzati da altri). Si deve cercare davvero di salvare i posti di lavoro e la produzione. Vediamo con grande attenzione se ci sono soluzioni. Lippi, infine, guarda anche all’altro grande malato della sua categoria, l’edilizia. «Un calcolo approssimativo sui colpi assestati dalla crisi, in base al dato provinciale, ci dice che nei ranghi degli occupati del comparto si è aperta una voragine fatta da 1.000 lavoratori e dalle loro famiglie. E il dato potrebbe anche essere errato per difetto perché ci sono dipendenti in cassa integrazione che potrebbero veder sfumare il loro posto».