2009-06-10
di GIOVANNI BALLERINI
— FIRENZE —
«CON FRANCO BATTIATO c’è in comune la passione per la ricerca, lo stesso vale per Pippo Delbono”, per cui ho fatto le musiche di “Guerra». E’ un alfiere della contemporaneità Roberto Cacciapaglia che, anche nell’ultimo tour del cantautore catanese, ha collaborato con il suo estro, con la sua ariosa visone musicale per dare spessore e interpaly alle creazioni di un pop evoluto, eppure coinvolgente e assolutamente fruibile. Per chi se lo ricorda ai tempi del cd “Pollution” di Battiato calcare i palcoscenici off italiani (alle tastiere) in un indimenticabile tour (a Firenze negli anni Settanta fece tappa allo Space Electronic, allora tempio delle nuove musiche) non è un mistero la spiccata voglia di novità, di contemporaneità di questo compositore e pianista, classe 1953, che non ha mai piegato la sua musica alle mode del momento. Dando vita a una musica contemporanea che si ciba di comunicazione diretta, incisiva, eppure alta: un esercizio creativo che aveva (e ha) la mirabile capacità di incidere su chi ascolta le sue composizioni. Lo dimostrerà ancora una volta nell’atteso concerto “Canone degli Spazi”, che domani proporrà a Maggio Off alle 21 al Piccolo Teatro del Comunale. Occasione da non perdere per ascoltare, per la prima volta dal vivo, l’album omonimo, che propone 12 composizioni inedite che arricchiscono un percorso artistico sul potere del suono, che il compositore e pianista milanese proporrà dal vivo a Firenze con Alexander Zioumbrovsky al violoncello e Gianpiero Dionigi
Cacciapaglia, che concerto propone?
«Darò spazio in maniera microcosmica, visto che siamo in trio, agli elementi essenziali di “Canone degli Spazi”, che ho composto sull’armonia delle triadi, le ripetizioni melodiche e i cicli che si rifanno alle orbite planetarie e alla struttura degli armonici. Gli stessi canoni con cui Pitagora faceva coincidere le leggi dell’universo».
Un lavoro complesso che coinvolge ogni ascoltatore?
«Il suono aiuta a scoprire che lo spazio dentro di noi è sconfinato, come quello fuori di noi. In realtà fra queste due percezioni non c’è alcuna differenza. Il suono può passare attraverso i muri, anche quelli della mente».
Ascoltiamo la sua musica in spot di grande successo…
«Da Levissima purissima, a Illy Caffé, a Barilla. L’ultimo e quello per la Fujitsu in cui ci sono tante giapponesi con i ventagli che girano. Faccio volentieri adattamenti alle mie musiche per fare spot. Non ho preconcetti in questo senso. E’ un suono che va oltre a quello che rappresenta. E, in un’epoca in cui certa musica non passa, è necessario comunicare anche così».
Che rapporto ha con la contemporaneità?
«Fondamentale. Ho fatto il mio primo album “”Sonanze”, che non ero ancora diciottenne, ma già era al crocevia, fra le dissonanze della musica colta e le assonanze della musica di quei tempi. Già allora mi interessava essere a metà strada. Suonai al Parco Lambro, nonostante che Bruno Bettinelli, il mio maestro, insistesse che dovevo decidere di concentrarmi sulla classica».
Un sogno nel cassetto?
«Pubblicare finalmente i concerti che ho fatto con Terry Riley nel 1981, un compositore minimalista che è sempre riuscito a svincolare il suono da ogni gabbia possibile».