Povera Italia

L'editoriale

Firenze, 7 luglio 2019 - Chi cerca e vuole avere una visione per il futuro sa che deve partire dalla demografia che è alla base di ogni strategia, politica, sociale ed economica. E’ l’andamento della popolazione che dà gli indicatori utili e necessari per ogni progetto di grande respiro. Oggi purtroppo non solo siamo costretti a rimpiangere i giganti della politica della Prima Repubblica, come accaduto domenica scorsa, ma anche a rivedere con un pizzico di invidia i film in bianco e nero del Dopoguerra che raccontavano di un Belpaese che cresceva, certo con vizi e virtù, ma che faceva figli, che combatteva contro l’analfabetismo, che aumentava, con una saggia redistribuzione del reddito, il benessere. Non eravamo alle prese con Pil e Flat tax, eravamo un Paese con una visione e soprattutto con le maniche tirate su, con la voglia di lavorare e la consapevolezza di poter sperare in un futuro migliore. Adesso il quadro è completamente cambiato. 

L’istat ci ha ricordato che la popolazione italiana è scesa, al 31 dicembre 2018, a 55 milioni 104 mila, con 235 mila unità in meno rispetto all’anno precedente (-0,4%). e per dare conto delle grandezze ha aggiunto che rispetto al 2014 la perdita di italiani corrisponde alla scomparsa di una grande città: è come se palermo (-677 mila) non esistesse più. a parte un paio d’anni più fecondi, il fenomeno (con il tasso tra nati e morti sempre negativo) non è comunque una scoperta. ce lo portiamo dietro da decenni senza che si sia fatto granché. le famiglie sono state e continuano ad essere terreno di scontri ideologici o di esercizio di retorica, mai destinatarie di una serie politica di sostegno, pur avendo illuminanti esempi di altri paesi in europa, a cominciare dalla francia e dalla germania. la politica invece di fare un piano serio per la famiglia, come fu per le case popolari negli anni cinquanta, si è limitata agli interventi spot mai strutturati. perfino il reddito familiare non ha mai trovato dignità di legge. i risultati sono quelli che l’istat ci ha rimesso davanti agli occhi. il problema è complesso è investe il fenomeno dell’immigrazione relegato anch’esso a un campo di battaglia ideologico. negli ultimi quattro anni i nuovi cittadini per acquisizione della cittadinanza sono stati oltre 638 mila. senza l’apporto degli stranieri diventati italiani il calo degli italiani appunto sarebbe stato intorno al 1 milione e 300 mila unità. ma ora, dice sempre l’istat, non si può più contare neppure in questo apporto a compensazione del problema delle culle vuote, tanto che la diminuzione delle nascite nel 2018 è stata di oltre 18 mila unità rispetto al 2017: sono stati iscritti in anagrafe per nascita 439.747 bambini, un nuovo minimo storico dall’unità d’italia. e allora? facciamo ancora finta di niente? serve urgentemente un piano. che venga effettivamente incontro alle famiglie, specialmente a quelle giovani, perché senza sostegni efficaci i nuovi nuclei non si formano, già frenati peraltro dalla mutazione culturale in atto nella nostra società in crisi e sempre più liquida nei suoi valori. per questo c’è il dovere di attenuare almeno le difficoltà economiche con aiuti per scuole, affitti, prime case. la chiamata è per il governo ma anche per regioni e comuni. aiutare le famiglie vuol dire aiutare l’italia tutta. e non vediamo lo straniero sempre e comunque come uno spauracchio. il belpaese ha bisogno anche di loro. di quelli regolari e con la voglia di essere italiani onesti.