Il Natale di crisi nell’Italia da ricostruire

L'editoriale della direttrice della "Nazione"

La direttrice de La Nazione Agnese Pini

La direttrice de La Nazione Agnese Pini

Firenze, 20 dicembre 2020 - E dunque il governo si è finalmente pronunciato, e adesso lo sappiamo per decreto ufficiale che Natale sarà questo Natale. Sarà un Natale senza amici e senza brindisi della vigilia nel solito bar, senza adunate create per l’occasione unendo il tavolo della cucina a quello del salotto per farci stare tutti i parenti, senza la prozia che vedi solo una volta all’anno, sarà un Natale senza Mercante in fiera (per mancanza di numero legale dei partecipanti), senza pranzo di cinque ore e un quarto (per mancanza della solita prozia che si occupava degli antipasti luculliani). Sarà, insomma, un Natale senza il Natale, e anche l’albero, c’è da scommetterci, ci sembrerà meno luminoso e il presepe più solitario, sarà un Natale frammentato proprio come tutto l’anno che ci lasciamo alle spalle.

Ma in fondo noi cittadini ci eravamo già organizzati per questo, sapevamo che non poteva che andare così coi morti di Covid che non accennano a diminuire (l’Italia veleggia verso i 68mila) e la curva dei contagi che flette con estenuante lentezza. Noi cittadini potevamo immaginare già tutto (i divieti, le restrizioni, le chiusure) mentre attendevamo la conferenza stampa del premier Conte arrivata all’ultimo minuto utile, venerdì sera, a dirci cose già masticate nei giorni precedenti senza che però si fosse trovato il coraggio di ufficializzare il decreto, procrastinando accordi e decisioni, lasciando famiglie e categorie economiche nella smarrita incertezza a cui sono ormai abituate.  È l’effetto inevitabile di un governo che non è mai stato tanto debole, dall’inizio dell’avventura giallorossa. Un governo che ha aperto il valzer della crisi nel mezzo di una pandemia, per mano di Matteo Renzi e grazie al sostanziale silenzio assenso del Pd.  Il premier Conte è sempre più accerchiato in questo lockdown politico che vive di ultimatum, con ministri che rispondono direttamente al capo partito piuttosto che al loro presidente del consiglio, a cui dettano invece condizioni e lanciano aut aut, nel pieno di una irritualità istituzionale incomprensibile da parte di chi, in questo Natale, resta uno spettatore inerme e magari è pure senza lavoro, o si trova in un letto di ospedale, o è in attesa di sapere se potrà rimandare i propri figli a scuola dopo le feste. Perché va anche bene il Natale senza la prozia e con una bottiglia di prosecco in meno da stappare. È tutto il resto che non va bene: prima di un governo da sfasciare c’è un’Italia da ricostruire. Senza lo spettacolo di arte varia di una classe politica davvero poco all’altezza.