E ora smettiamo di dare la colpa a questi giovani

La generazione senza futuro

La direttrice de La Nazione Agnese Pini

La direttrice de La Nazione Agnese Pini

Firenze, 5 maggio 2021 - Luana aveva 22 anni e aveva un bambino. Voglio scrivere anche che era bella, pure se qualcuno storcerà il naso, già lo so: che c’entra che fosse bella? Nulla c’entra. Nulla. Però è proprio così: Luana era davvero bella. Aveva avuto un bambino a 17 anni, poi si era ritrovata sola, e alla fine aveva lasciato la scuola. Lavorava in una fabbrica tessile, a Prato. Sua madre oggi racconta che di quel lavoro era felice, Luana, perché la faceva sentire libera. Così ha detto: libera.

L’altra mattina il suo corpo è stato risucchiato dai rulli dell’orditoio a cui era addetta, e i vigili del fuoco per liberarla ci hanno messo due ore. A casa di Luana, dove c’era sua madre col piccolo di 5 anni, sono andati due carabinieri: signora, non sappiamo come dirglielo, sua figlia è morta. Ho scoperto ieri cosa sia un orditoio: è la macchina che crea la trama dei tessuti. I fili dell’ordito vengono sistemati ben tesi sui subbi, che sono grossi rulli di metallo, poi i subbi sono caricati sui telai. Luana è finita stritolata in quei subbi, a 22 anni.

Adesso potrei ricordarvi dei giovani che perdono il lavoro, potrei parlarvi di quelli che probabilmente non lo troveranno mai, potrei snocciolarvi i soliti dati Istat, che fanno impressione a leggerli perché parlano di una generazione travolta dalla crisi economica prima, dal Covid poi. Una generazione perduta nella sostanziale indifferenza di un’intera classe politica, di un’intera classe dirigente. Da anni. Oggi, al posto dei soliti numeri che durano il tempo di un titolo su un giornale, c’è un viso e c’è un nome: Luana. Che il lavoro a fatica lo aveva trovato. E che di lavoro è morta. E allora, ve lo dico: non se ne può più di sentire crocifiggere i giovani, di vederli bersaglio di ogni critica.

Li chiamano smidollati, sdraiati, ignoranti, fancazzisti. C’è un’intera letteratura, un’intera massa critica benpensante che punta il dito contro i ventenni e i trentenni, ritenendoli implicitamente responsabili della disoccupazione dilagante, della mancanza di opportunità, dell’assenza di prospettive. Ebbene: non è loro, la colpa. Fatevene una ragione, una volta per tutte.