L’Italia malata e l’occasione sprecata

Oggi che il Covid è a fine corsa, l'influenza dilaga. E però possiamo dire di non avere centrato nessuno dei buoni propositi che avevamo fatto ai tempi della pandemia. Ma il peccato, quello vero, è non avere imparato nulla dal doloroso, tragico recente passato. Altro che sprecare l’occasione

L'editoriale di Agnese Pini

L'editoriale di Agnese Pini

Quindi, ricapitolando: avevamo detto che sarebbe andato tutto bene. Che ne saremmo usciti migliori. E, soprattutto, che non avremmo dovuto sprecare l’occasione della pandemia.

Ecco, oggi che il Covid è a fine corsa, possiamo dire di non avere centrato nessuno dei buoni propositi di cui sopra. Ma il peccato, quello vero, è non avere imparato nulla dal doloroso, tragico recente passato. Altro che non sprecare l’occasione.

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La sensazione è che il comprensibile desiderio di andare avanti e di dimenticare ci abbia imbrigliato in una sorta di rimozione collettiva, tanto nel dibattito quanto nell’agenda pubblica. Pensate all’ultima campagna elettorale: i temi sanitari erano completamente assenti. Pensate all’ultima manovra finanziaria: non abbastanza si spende per la salute pubblica. È vero che a bilancio ci sono due miliardi in più, ma di questi oltre la metà sono vincolati ad ammortizzare il caro bollette che pesa drammaticamente su ospedali e Asl. Eppure i segni e gli effetti di quanto abbiamo vissuto in pandemia ancora bruciano, in un contesto generale che lascia davvero a desiderare: la verità è che ereditiamo oggi un sistema sanitario possibilmente peggiorato rispetto a quello di tre anni fa. Ante virus.

I pronto soccorso scoppiano, gli ospedali non hanno posti letto, l’assistenza medica di base è insufficiente, case e ospedali di comunità rischiano di chiudere per assenza di personale. Le assunzioni promesse non sono state portate a termine, le responsabilità, i finanziamenti e gli oneri sono ancora del tutto in capo alle regioni che si ritrovano a corto di liquidità. Per non parlare del Pnrr: il dibattito pubblico sulla pioggia di miliardi, stanziati come diretta conseguenza della pandemia e dei suoi effetti, ha sostanzialmente dimenticato la sanità. Di tutto si parla (di ponti, di energia, di digitalizzazione) fuorché di ospedali.

E dunque è stata sufficiente un’influenza stagionale, seppure aggressiva (762mila nuovi casi nell’ultima settimana), per scoprire sulla pelle dei malati che il tessuto della sanità territoriale è sfilacciato. Come prima, più di prima. E che ancora una volta i pazienti sono drammaticamente soli. Abbiamo imparato, durante il Covid, che le conseguenze di quella solitudine uccidono più dei virus.