Il lavoro soprattutto

L'editoriale del direttore Francesco Carrassi

Firenze, 5 maggio 2019 - Sono passate poche ore dalla Festa dei lavoratori. Ebbene il Primo Maggio non può e non deve essere, soprattutto in periodi di crisi, solo una data, un corteo, un comizio, insomma un rito. Relegare la festa a stanchi rituali è purtroppo una tentazione insidiosa perché allontana dai contenuti di un diritto che nella Costituzione è il fondamento della nostra Repubblica che i Padri hanno voluto “fondata sul lavoro”.

Come è tornato a ribadire compiutamente il Presidente della Repubblica «senza lavoro rimane incompiuto il diritto stesso di cittadinanza, la dignità dell’individuo ne rimane mortificata, la solidarietà sociale e la stessa possibilità di sviluppo della società ne rimangono compromesse».

Basta riflettere sulle parole che ha detto Mattarella: la questione lavoro resta centrale per un’Italia che sia competitiva con le sue imprese e che sia riferimento per il rispetto dei diritti dei lavoratori. Facciamo alcune riflessioni per dare forza al Primo Maggio. Primo. In un paese normale i morti sul lavoro sono di regola un’eccezione. Non è così nel nostro.

Ce lo ricorda un operaio metalmeccanico di Barberino, in provincia di Firenze, Marco Bazzoni, che tiene il conto delle tragedie. Sono numeri impressionanti. In questi mesi del 2019 siamo già alla triste quota di 145 morti sul lavoro. Fermiamoci e pensiamoli uno ad uno, questi morti.

Secondo. La precarietà, specialmente per le nuove generazioni che si affacciano sul mercato del lavoro, è diventata abituale, addirittura strutturale. Non può essere così. Perché precarietà vuol dire meno diritti e meno prospettive.

Terzo. L’introduzione del lavoro 4.0 non ancora metabolizzato mentre è in arrivo l’industria 5.0 e muove passi da gigante l’era dell’intelligenza artificiale ci pone di fronte a una nuova rivoluzione che va governata e non subita a cominciare dal rispetto dei posti di lavoro; consapevoli tutti che la formazione deve essere continua e proficua.

Quarto. Lavoro festivo. Il governo ha pensato di cambiare le regole ma la questione va affrontata senza dogmi e senza pregiudizi in un confronto aperto e costruttivo.

Quinto. Donne e lavoro. Le disparità sono sempre forti e diffuse con stipendi diversi, diritti non adeguati al ruolo complesso e faticoso che la donna ha anche fuori lavoro, per non parlare delle carriere, spesso limitate e a tutti i livelli.

Sesto. Ci sono migliaia di lavoratori fuori dal ciclo produttivo non più giovani ma non ancora ‘vecchi’ per andare in pensione.

Settimo. Il reddito di cittadinanza e occupazione. Tutto un grosso punto interrogativo. Ecco, solo questi sette motivi, ma ce ne sono molti di più, fanno sì che la Festa appena passata sia l’occasione non scontata per rimettere al centro del dibattito politico la questione lavoro. Questione che vuol dire Costituzione e anche dignità.