Il petardo inesploso della politica

Anno nuovo, crisi vecchia

La direttrice de La Nazione Agnese Pini

La direttrice de La Nazione Agnese Pini

Firenze, 3 gennaio 2021 - Abbiamo voltato pagina, cambiato calendario e agende, esorcizzato virus e paure con un bombardamento petardesco che non si sentiva da anni in questo San Silvestro da reclusi in casa – l’hanno pagata, a Roma, gli storni: avete visto le foto di quelle povere bestiole stecchite a centinaia sull’asfalto di via Nazionale, stroncate dal terrore dei botti? Che metafora tragica del 2020 finito. Ci risvegliamo in questo 2021 per accertarci del fatto che nulla è inevitabilmente cambiato, che a poco sono valsi i buoni propositi e anche i moniti ai partiti di Mattarella, nel discorso del 31 dicembre – «niente personalismi, lavorate per il bene comune» – che, insomma: la povera Italia è più confusa e sola e smarrita che mai. Noi con lei.

Riassumo i fatti: mentre i vaccini vanno a rilento anche nella regione più colpita, la Lombardia, e mentre BioNTech avverte l’Europa che presto le dosi finiranno, e mentre i prossimi mesi profilano una gigantesca impasse economica (pensate a quando si dovrà mettere mano al blocco dei licenziamenti), e i morti di Covid non accennano a diminuire (quota raggiunta ieri: 74.621), la nostra classe politica è impegnatissima a governare non il Paese straziato dalla pandemia ma l’ennesima crisi di governo, come nella peggiore tradizione patriottica. Un déjà vu di cui avremmo fatto a meno, minaccioso come un petardo ancora inesploso (per tornare alla metafora di Capodanno, agli storni romani, al 2020 bisesto e funesto). Per provare a neutralizzare l’aut aut politico di Matteo Renzi che tiene in bilico la maggioranza e il Paese, il Pd si affanna a evocare (per la verità con voce sempre più flebile) il voto come unica alternativa al governo Conte bis. Voto che di certo polverizzerebbe un’Italia Viva già ridotta a percentuali minime, ma non solo: dopo il referendum sul taglio dei parlamentari di settembre e la mancata riforma della legge elettorale, pure i Dem rischiano di uscire massacrati dalle urne, consegnando il Paese al centrodestra con maggioranza bulgara. Che dunque i notabili piddini credano davvero all’ipotesi urne è improbabile, e lo sa bene il senatore di Rignano che su questo bluff gioca la sua mano di poker.

E il premier Conte? È amaramente buffo che proprio lui, che doveva essere espressione della fulgida voce dell’anti casta e dell’anti partitismo, rischi adesso di restare vittima degli stessi meccanismi di palazzo che avrebbe dovuto polverizzare insieme ai 5 Stelle che lo incoronarono all’indomani del trionfo elettorale del 2018. Più che la sconfitta di un premier, questa crisi di governo potrebbe mettere la parola fine a una intensa quanto fragile e breve stagione politica. Che – ricordate cosa disse Grillo? – doveva aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno. E che invece è stata travolta dal sistema più vecchio e polveroso. Come tutto, come sempre.