Ma torneremo a essere un Paese unito?

L'editoriale della direttrice della Nazione

La direttrice de La Nazione Agnese Pini

La direttrice de La Nazione Agnese Pini

Firenze, 31 maggio 2020 - E allora ci siamo. Tra poco metterò finalmente nel cassetto anche l’ultima autocertificazione, quel feticcio tra l’assurdo e il tragico che ha segnato i mesi del coronavirus, destinato a restarne uno dei simboli: con le sue polemiche collaterali, i suoi incubi, le sue lungaggini burocratiche (chi di noi non se l’è presa almeno una volta con quel pezzo di carta?). Il tabù più difficile e più pauroso, nella lotta durissima al contagio, è ormai caduto. Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta: il 3 giugno riapriranno i confini patrii, ma sapremo (ri)essere davvero un Paese unito?

Pensandoci bene, e fatte le dovute proporzioni simboliche, l’Italia non è mai stata così divisa come nelle settimane e nei mesi della pandemia. Lo abbiamo visto con le Regioni-Stato: chiuse dentro ai loro confini, protagoniste assolute nel bene e nel male della difficile gestione dell’emergenza, autonome quanto basta per far guadagnare ai governatori l’appeal da uomini-soli-al-comando, spesso smaccatamente rivaleggianti. Basterà l’estate a farci dimenticare l’isolamento, la solitudine e la lontananza anche psicologica dai nostri simili? Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta. Per esempio: una delle cose che mi hanno fatto più impressione all’inizio della pandemia è stata il montare della paura nei confronti dei nostri stessi vicini (i vicini di casa, di città, di regione), paura che ha generato diffidenza quando non qualcosa di peggio. Davvero sapremo riemergere indenni dopo le cicatrici che il virus ha lasciato nella Penisola spaurita e frammentata?

Mentre il presidente della Regione Toscana invoca prudenza nelle riaperture (contro un nuovo rischio contagio) da Nord a Sud ieri abbiamo visto le prime scene da un Paese tutt’altro che pacificato e maturo, dove montano sfiducia e ansia sociale. Dai sedicenti «gilet arancioni» che si sono ammassati in piazza Duomo a Milano – in barba a ogni norma post Covid – alle altrettanto sedicenti «marce su Roma» organizzate da CasaPound e affini nella Capitale, il leit motiv è lo stesso: «Il coronavirus? Una montatura politica per svendere il Paese alla Cina». Questo, in sintesi, il pensiero degli arrabbiati. Il rischio è che il mostro chiamato Covid-19 – che ha fatto a oggi 367mila morti nel mondo e 33mila solo in Italia – diventi un nuovo fronte del malcontento complottista, dopo le scie chimiche e i vaccini killer. Non un ottimo auspicio per una Fase 3 che dovrà fare i conti con la delicatissima gestione post pandemica. Roba che ti fa venire voglia di ritirare fuori dal cassetto l’odiata autocertificazione.