La questione toscana

L'editoriale del direttore Francesco Carrassi

Firenze, 28 luglio 2019 - Ripetere aiuta, dicevano i saggi, e anche noi non ci stancheremo mai di farlo fino a quando non assisteremo alla svolta reale sulle grandi opere pubbliche che servono alle comunità e a un Paese bloccato ormai da troppi anni. Il cosiddetto «sblocca cantieri», come si è visto, ha purtroppo sbloccato ben poco tanto da richiedere subito, al contatto con la realtà dei fatti, rapidi aggiustamenti, a cominciare dal ciclo ingestibile di smaltimento industriale. Data la situazione di persistente stallo, gli imprenditori tornano, dunque e giustamente, ad alzare la voce su cantieri al rallentatore se non fermi, progetti sempre al palo, investimenti ancora bloccati. Parlando di noi, la Toscana chiede di ripartire, ma i segnali da Roma restano inquietanti per il loro assordante silenzio. Silenzio che equivale a negare l’importanza delle infrastrutture, che è come negare la verità delle cose.

I presidenti delle Confindustrie toscane, con pazienza certosina, sono tornati a rilevare quanto siano importanti le opere infrastrutturali per l’impatto diretto che hanno sull’economia, perché producono un incremento del Pil e dell’occupazione, e per il beneficio indotto sulla competitività del territorio. I dati sono chiari: la previsione di realizzazione degli investimenti nella nostra regione - sviluppata in 5 anni, come si legge nel Patto per lo sviluppo toscano – prevede infatti un movimento totale di oltre 8 miliardi che sono in grado di attivare 110.000 unità di lavoro, circa 20.000 all’ anno. E oltre 28.000 stabilmente, a regime. L’altra faccia della medaglia propone, simmetricamente, il lungo elenco di carenze. Pesano i ritardi su strade e autostrade, sul trasporto ferroviario, sul sistema aeroportuale e sul sistema portuale.

Senza dimenticare le altre dotazioni che sono precondizioni competitive per un territorio industriale. E’ il caso della banda larga, necessaria in una regione che voglia recuperare posizioni sull’utilizzo delle tecnologie legate a Industria 4.0 e dell’impiantistica necessaria in una logica di economia circolare per chiudere il cerchio delle filiere industriali o degli investimenti nella geotermia. Ecco le grandi incompiute in terra di Toscana, progetti da decenni sulle scrivanie dei governi: la Tirrenica, la Due mari, il sistema aeroportuale, il potenziamento dei porti, il nodo fiorentino dell’alta velocità ferroviaria.

“Cinque priorità che sono cinque urgenze nazionali – ha detto il presidente toscano di Confindustria Ranaldo – e per ciascuna l’appello forte va al Governo, perché si completino e si sblocchino i nodi che ancora impediscono a queste opere, per noi fondamentali, di essere completamente realizzate per apportare un notevole beneficio al territorio e alle imprese”. Un appello rinnovato all’Esecutivo guidato da Conte su quella che dobbiamo ormai chiamare Questione Toscana. Sulla quale continua ad aumentare l’incertezza di fronte a un governo che non dà risposte e che litiga un giorno sì e l’altro pure, mentre la crescita non si riesce neppure ad intravedere.

Troppo tempo è trascorso in attesa di risposte chiare e impegni seri e precisi. Troppo tempo consumato nei bla bla, nelle chiacchiere da bar. Un tempo che si è esaurito come si è esaurita la pazienza della quale si abusa. E dunque? Le strade sono solo due: o si fa o si va a casa. Per il bene del Paese. E credete, al punto nel quale si è arrivati, senza rimpianti.