La sanità da curare presto e bene

Il commento del vicedirettore Luigi Caroppo

Un ospedale

Un ospedale

Firenze, 10 luglio 2022 - Non sappiamo che autunno sarà, certo è che la pandemia non è un capitolo chiuso. Da approfondire con ricerche scientifiche e da analizzare in libri sulle trasformazioni sociali. Avevamo detto durante i due anni di emergenza collettiva che sarebbe stato necessario ripensare il modello di sanità pubblica.

Abbiamo imparato qualcosa? Sappiamo che i servizi territoriali devono essere rafforzati così come le attività di cura, una sorta di porta a porta, per la popolazione più fragile in costante aumento e per i nostri anziani. La spesa sanitaria deve diventare il caposaldo di ogni bilancio di Stato e Regioni.

Una priorità. Non possono essere più tollerati tagli e sacrifici: dal livello di sanità offerto si misura il livello di civiltà del nostro Paese. Nessuno deve rimanere indietro, si dice sempre. Va tradotto in realtà. I problemi in campo sono enormi: primo tra tutti la mancanza, gravissima, di personale.

Medici, infermieri operatori sociosanitari. I camici bianchi non ce la fanno più specialmente nei servizi di prima accoglienza (pronto soccorso). Chi può se ne va nel privato. I nostri laureati sono spremuti subito al lavoro come successo con le Usca, le unità speciali di cure assistenziali. Pagati poco, pochissimo.

La guardia medica notturna è un ricordo, quella turistica un miraggio. I medici di base sono sempre meno, chi va in pensione non viene rimpiazzato. Si parla di ospedali di comunità, ma servono risorse e volontà politica. In Toscana e in Umbria i modelli di sanità sono stati messi in discussione.

Lo scandalo umbro, ricordiamolo, ha fatto cambiare colore all’amministrazione regionale. In Toscana il sistema d’eccellenza si è offuscato. Ormai fare il medico nel servizio sanitario nazionale è una missione. Urge una svolta. Uscire dall’emergenza con bilanci dedicati, da Roma al territorio locale. E personale da assumere offrendo stipendi adeguati. Altrimenti la nostra sanità resterà in terapia intensiva. E non possiamo permettercelo specialmente dopo due anni d’emergenza.