Letta e Renzi nemici come prima

Da Zan al Quirinale

La direttrice de La Nazione Agnese Pini

La direttrice de La Nazione Agnese Pini

Firenze, 31 ottobre 2021 - Scusate, avevamo capito male. Proprio così. E quando è il caso di ammetterlo, va ammesso. Due settimane fa raccontavamo il trionfo del centrosinistra alle amministrative, il quasi cappotto elettorale (cinque capoluoghi di regione su sei portati a casa contro il centrodestra), e la disgregazione del fronte avversario, con Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia in ordine sparso. Insomma: avevamo dato il “Nuovo Ulivo“ di Letta già come cosa fatta. E invece. Mercoledì, il colpo di scena (anzi, il colpo di mano) in Senato ha costretto tutti a una retromarcia: il fronte progressista-riformista si è sfasciato sul Ddl Zan contro l’omotransfobia

Siparietto della peggiore politica italiana: voto segreto, franchi tiratori e svariati traditori che hanno affossato il disegno di legge-bandiera, con sequela poco edificante di insulti, accuse e urla incrociate per individuare colpe e colpevoli nel solco del più esausto schema dello scaricabarile.

Per non stordirci ulteriormente e inutilmente le orecchie, riporto solo l’estrema sintesi del duello verbale tra Pd e Iv: è colpa di Italia Viva che ha tradito perché vuole stare con i sovranisti, no è colpa del Pd che ha fallito la strategia ed è andato al muro contro muro. 

Archiviate le urla, guardiamo avanti e proviamo a elencare le conseguenze della Pearl Harbour politica di mercoledì. Punto primo: tra Renzi e Letta si è chiusa (finalmente, aggiungo) la stagione degli equivoci, cominciata a marzo quando Enrico è diventato segretario del Pd. Le diplomazie al servizio del buonsenso avevano costretto i due vecchi nemici a seppellire l’ascia di guerra. Ma ora, grazie all’effetto-Zan, basta infingimenti: i due possono tornare a odiarsi serenamente, e le parole di Letta - “si è rotto il rapporto di fiducia” - suonano come una pietra tombale. Punto secondo: tutto finito, dunque? Non corriamo troppo.

Se Renzi dovesse spingersi verso il centrodestra, magari corteggiando Forza Italia, molti nel Pd sono pronti a scommettere che Italia Viva finirebbe col perdere non pochi parlamentari. Al tempo stesso, non tutti nel partito di Letta sono disposti ad archiviare l’alleato Renzi per una decisa virata verso la sinistra e i 5 Stelle. Quindi le trattative per il famigerato “Nuovo Ulivo” sono tutt’altro che chiuse. Punto terzo: si avvicina la fatidica data dell’elezione del nuovo capo dello Stato.

Data la situazione attuale, nel borsino dei papabili salgono inevitabilmente le quotazioni di Mario Draghi. Non tanto per la debolezza degli altri nomi in circolazione, quanto perché coi numeri di oggi centrodestra e centrosinistra sono praticamente costretti a trovare un accordo.

Nota finale a proposito dello spettacolo penoso di mercoledì, a Palazzo Madama: una classe politica che su un tema delicatissimo di diritti civili usa il voto segreto, e ammazza la legge con la complicità di un manipolo di ignoti che non ci mette la faccia, non dice come la pensa, non ha il coraggio di argomentare un’idea propria, qualunque essa sia, una classe politica così, dicevo, è quanto di più triste si possa offrire ai cittadini, agli elettori, al Paese.