Il Covid, i partiti e le nebbie all’irto Colle

Draghi e la variabile pandemica

La direttrice de La Nazione Agnese Pini

La direttrice de La Nazione Agnese Pini

Firenze, 9 gennaio 2022 - C’è una nebbia densa e inquietante, all’orizzonte, mai vista così tanta da mesi e mesi. E tutti adesso ci aspettiamo che sia Mario Draghi, domani pomeriggio, a diradarla ancora una volta, dopo il silenzio - comprensibile per i motivi che vedremo, ma francamente poco giustificabile - di questi giorni caldi per la clamorosa introduzione dell’obbligo vaccinale per gli over 50. Uno spartiacque che si porta dietro un simbolo pesantissimo, con l’Italia che cambia strategia nella lotta al Covid - passando dalla politica della persuasione a quella dell’obbligo - e che fa del nostro Paese ancora una volta l’apripista europeo della linea della severità contro la pandemia.

La nebbia, dicevo: i contagi sono ormai a quota 200mila, e mentre le regioni tornano a colorarsi pericolosamente (da domani anche la Toscana sarà gialla), ci sono nodi su cui l’azione del governo appare timida e insufficiente. Lo sblocco delle quarantene, la pressione sulla sanità pubblica di base, la scuola, il tema che più di tutti preoccupa, con il primo scontro durissimo tra enti locali e Roma: non solo lo strappo del governatore campano De Luca, anche Giani aveva chiesto il rinvio del rientro in classe, unendosi al coro di sindacati e di molti presidi, mentre l’ospedale pediatrico Meyer di Firenze ha registrato il picco di ricoverati per Covid.

Alle preoccupazioni pandemiche si somma inevitabilmente il mare burrascoso della corsa al Quirinale, che forse in parte serve a spiegare il silenzio di Draghi negli ultimi difficili giorni. Mai come questa volta, nella storia della Repubblica, le sorti di un Governo sono state così strettamente connesse a quelle del Colle. E non è un bene.

Il "nonno al servizio delle istituzioni" - così si era definito il premier prima di Natale, lasciando forse un po’ improvvidamente intendere la sua disponibilità per la presidenza della Repubblica - si trova a fare i conti con una maggioranza imbizzarrita. E dunque indebolita. Non solo dagli scossoni della Lega, ma anche dalle intemperanze del Pd, sempre in pressing sull’obbligo vaccinale. Le manovre quirinalizie hanno un altro effetto collaterale: se anche Draghi dovesse perdere il posto al Colle e restare a Chigi, i partiti sanno che l’ex capo della Bce non sarà disposto a guidare la maggioranza (qualora dovesse reggere) ad ogni costo. Tradotto: senza un rinnovato chiaro mandato e una rinnovata chiara fiducia da parte della ridda di partiti che un anno fa ha deciso di scendere in campo. Draghi, uomo di potere che il potere dunque conosce bene e sa ben gestire, sa anche che il potere non si chiede, ma deve essere concesso. Perché chi chiede il potere si mette in una posizione di debolezza.

Questa è la condizione con cui può acconsentire a sporcarsi le mani nei prossimi duri mesi che ci attendono. Ma i partiti fanno scudo, in un vuoto evidente di idee e di nomi. E così la nebbia è ancora più fitta.