La sicurezza condivisa

L'editoriale

Firenze, 14 gennaio 2018 - Non ci sono più isole felici, immuni dalla criminalità. Oltre a quella organizzata che mobilita le nostre forze migliori d’investigazione, c’è quella cosidetta piccola o micro (furti, borseggi, scippi) ormai dilagante, come un fiume in piena che non guarda più in faccia nessuno. E colpisce in primis i più indifesi, i più sprovveduti. Se la sicurezza reale è messa sempre più a dura prova, quella percepita è colpita duramente.

Con danni concreti e psicologici incalcolabili anche sotto il profilo di una fiducia, verso le istituzioni e le forze dell’ordine, che rischia di andare a pezzi. Spesso si fanno danni enormi per pochi spiccioli. Penso alle vetrine infrante di negozi o all’assalto alle case. Tanto che la sicurezza, o meglio l’insicurezza, resta uno dei mali prioritari da affrontare e combattere. E tocca anche città finora ‘immuni’ come Siena, ad esempio. Escluso che ci possa essere un poliziotto o un carabiniere ovunque, assistiamo da anni all’elenco di proposte chiamate almeno ad arginare un fenomeno dirompente, con ricette e formule le più disparate, che nascono e che muoiono sul nascere o dopo brevissime esperienze. 

Ricordiamo i patti anticriminalità, uno di questi è stato riproposto a Pisa. Ricordiamo il coordinamento, presso le prefetture, di tutte le forze dell’ordine chiamate a operare insieme ai sindaci, ai vigili municipali che qualche frutto lo hanno dato. Ricordiamo infine l’istituzionalizzazione dell’associazione «Controllo del Vicinato» nell’Empolese che agisce su cultura della prevenzione, solidarietà e partecipazione diffusa dei cittadini ai progetti di sicurezza. Ora sono apparsi a addirittura i cartelli, che dovrebbero fare leva soprattutto sulla prevenzione, di zona controllo del vicinato, che mettono insieme agenti e famiglie ispirando intanto quella tranquillità che è diventata merce rara.

Vivere nella precarietà dei rapporti, del lavoro, si assomma insomma al vivere nella precarietà anche per la sicurezza. Le forze dell’ordine ce la mettono tutta, i cittadini vogliono fare la loro parte, la giustizia dovrebbe tenere conto con maggior rigore di questo allarme sociale che incide sulla quotidianità. Le leggi ci sono, non ne servono di altre, vanno semplicemente applicate. La posta in gioco è alta. La desertificazione delle città, soprattutto delle periferie urbane, è da considerare una delle concause. Spegnere le città con la chiusura dei negozi significa anche aumentare le zone d’ombra, diminuire la vigilanza, lasciare via libera e quindi incoraggiare l’esercito dei piccoli e meno piccoli criminali. Non ci dobbiamo stancare di costruire argini almeno per attenuare il fenomeno. Ogni iniziativa legittima sia la benvenuta. Vigilare, aprire gli occhi non solo per noi ma anche per gli altri sarebbe il segno della diffusione di una ritrovata attenzione e solidarietà sociale.