Se il Pd resta a guardare

L'editoriale della direttrice de La Nazione, Agnese Pini

Agnese Pini

Agnese Pini

Firenze, 1 dicembre 2019 - Forse non c’erano le 40mila sardine sbandierate dagli organizzatori, forse non erano più di 15mila, eppure: le foto dall’alto di piazza della Repubblica, a Firenze, ci hanno lasciato di sale. Da quanto tempo la sinistra non metteva insieme un simile mare magnum? Neppure i redattori più anziani, ieri al giornale, sapevano rispondere. La domanda però era malposta: non era della sinistra la piazza di ieri. Al contrario: proprio con quella piazza la sinistra di partito dovrà fare i conti, anche e soprattutto in vista delle regionali in Toscana. Alla sinistra accerchiata, offesa, confusa, in cerca disperata d’autore, serve adesso un po’ di coraggio. Il coraggio umile e testardo di chi deve buttarsi nell’agone elettorale senza più certezze.

Ieri Firenze ha mostrato plasticamente tutta la complessità dei tempi: da una parte c’era per l’appunto la piazza rumorosa delle sardine, dall’altra la platea affamata di Matteo Salvini, con la sua cena elettorale al Tuscany Hall. Le sardine sono i sognatori della sinistra senza bandiere in contrapposizione alla calata della destra sovranista, che suona come una mutazione genetica nella Toscana rossa, e che ora vuole prendersi il potere: visti i numeri dei sondaggi, ne ha tutte le legittime possibilità.

E il Pd, che ha appena incoronato Eugenio Giani come candidato governatore? Il Pd ieri, semplicemente, non c’era. Hanno torto quelli che dicono che dietro le sardine toscane ci sono i soliti vecchi dem. Non è così, le sardine restano un’alternativa al sistema e dunque al partito: emblematico il momento in cui dalla piazza è stata fatta sparire una bandiera rossa srotolata da qualche nostalgico.

E chi si ostina a dire che in fondo, bandiere o no, il risultato politico non cambia, è destinato a sbagliare la partita. Il Pd escluso dalla piazza dovrà invece dominare e interpretare questo sentimento di popolo. E non potrà farlo con tiepida moderazione, con cerchiobottismo né con timidezza.

Il sentimento di popolo, in un 2019 politicamente frantumato e incerto, si innamora di chi ambisce a mettere in discussione il sistema. Tanto a destra quanto a sinistra. È più simile all’onda lunga dei vecchi 5 stelle di lotta (ricordate le piazze agli albori del grillismo?) che non ai sofismi girotondini: «Dite qualcosa di sinistra».

La parola «sinistra», le sardine, non la vogliono neppure sentire. E allora che cosa sono? Sono il vuoto lasciato da una classe politica impigrita, vecchia non tanto anagraficamente (come voleva il rottamatore Renzi) quanto soprattutto culturalmente. Come se ne esce? Forse smettendola di fare finta di niente, di restare fermi a guardare come andrà a finire con la spocchia di chi pensa o spera che comunque andrà a finire male.

A forza di usare questa spocchia, il centrosinistra ha visto consumarsi anno dopo anno un bacino elettorale di ferro, e che nessuno gli restituirà senza combattere. Con un pizzico di umiltà.