Il Pnrr va lentissimo. In Toscana conclusi 21 progetti su 2.990: rischio fallimento

I numeri certificano le difficoltà, impietoso il confronto con l’Emilia. Sulla costa i problemi maggiori. Mentre Firenze ora vuole accelerare

Firenze, 14 dicembre 2022 - Ogni mattina, quando spunta il sole, un sindaco si sveglia e sa che dovrà correre. E comunque non sa se arriverà alla meta.

E’ vero praticamente da sempre – quante amministrazioni locali faticano a mettere insieme il pranzo con la cena quando si tratta di fare quadrare i bilanci – ed è tanto più vero adesso che il Pnrr si sta trasformando da promettente chance di ripartenza in angosciante pensiero quotidiano. Perché i numeri finora disponibili dicono che quasi tutti gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza sono ancora lontanissimi dall’essere centrati. Insomma, siamo indietro.

In Toscana, regione a cui il Pnrr ha destinato complessivamente 4 miliardi e 600 milioni di euro, non arrivano al 20% (per l’esattezza il 19,5) i progetti avviati sul totale di quelli approvati, che risultano essere 2.990. Significa che in tutto il territorio toscano soltanto 584 progetti sono entrati in una fase concreta. Tutto il resto aspetta tempi migliori. Troppo poco per essere sufficientemente ottimisti. E impietoso il confronto con la confinante Emilia Romagna, dove dei 7.886 progetti approvati, il 54% è in fase attuativa.

Progetti che non decollano, uffici tecnic sguarniti di personale e competenze - e che quindi non ce la fanno a rispettare i tempi - costi delle materie prime che ancora non diminuiscono quanto ci si sarebbe aspettati dopo la fiammata inflazionistica e che quindi fanno sballare i vecchi preventivi: tutto rema contro. Le province di Pisa e Livorno, con dati sotto la media, sono l’esempio lampante delle difficoltà attuali. A Pisa su 361 progetti approvati, solo il 12,5% è stato avviato; a Livorno si scende addirittura all’11,7% (risultato peggiore della regione) a fronte di 213 progetti da portare a termine. L’unico aspetto positivo è dato dal fatto che almeno siamo in grado di conoscerli, questi numeri. Cosa che non avviene in molte altre zone d’Italia, dove sui dettagli del Pnrr regna in genere la vaghezza più assoluta. La Toscana ha invece il merito di avere attivato un portale (pnrr.toscana.it) in cui lo stato di avanzamento del Pnrr è monitorabile sia per dati aggregati, sia puntando i riflettori sui singoli progetti. Così ognuno potrà farsi un’idea seguendo gli aggiornamenti che avvengono con cadenza mensile. E potrà verificare con i propri occhi, ad esempio, che fra i 584 progetti ormai partiti - comunque pochi - ben 389 (il 66,6%) è ancora in fase di progettazione e solo 21 (il 3,6%) sono stati conclusi. Ventuno su quasi tremila progetti da mettere in cantiere entro il 2023. Come altro definirla se non una momentanea debacle?

Il Pnrr si divide in sei missioni e la maggior parte delle risorse destinate alla Toscana si concentra sulla missione 2, quella dedicata alla tutela del territorio e delle acque, all’economia circolare, alla mobilità sostenibile, alle energie rinnovabili e all’efficienza energetica. A questo capitolo sono destinati oltre un miliardo e 797 milioni. In quest’area c’è ad esempio il progetto per portare la tramvia dalle Piagge a Campi Bisenzio: 222,5 milioni di euro per un progetto per il quale non è stata però ancora comunicata la data di completamento. Ma c’è anche la tramvia da piazza della Libertà a Bagno a Ripoli: 150 milioni dal Pnrr sui 565 milioni complessivi e progetto non ancora avviato. Così come non sono stati avviati i progetti per il rinnovo del parco bus (90 milioni), per il rinnovo dei treni (36 milioni) e per la ciclovia del sole (23 milioni).

Il 42% delle risorse della Toscana è destinato a Firenze e alla sua provincia e giusto pochi giorni fa il sindaco Dario Nardella ha annunciato quasi 90 gare in meno di 40 giorni lavorativi, per un totale di 800 milioni di euro così da rispettare le scadenze. Per Nardella, lanciato con Bonaccini alla conquista del Pd nazionale, è anche un modo per dire che "volere è potere". E che invece sbaglia il governo Meloni a sostenere che servono aggiustamenti al Piano per renderlo realizzabile. Chissà chi ha ragione. Fatto sta che, come sempre, le questioni tecniche c’entrano fino a un certo punto. Poi tutto quanto fa politica.