Cinque anni di ribaltoni al vertice di Mps. Aumenti di capitale inutili e costosi

Dal 2015 al 2020 il valzer dei manager fino al ritorno dello Stato come azionista di maggioranza. A Milano tre processi per il pasticcio dei derivati

Pier Carlo Padoan: nel 2016 era ministro dell'Economia

Pier Carlo Padoan: nel 2016 era ministro dell'Economia

Siena, 23 novembre 2021 - I cinque anni dal 2015 al 2020 sono quelli dei processi a Milano, degli aumenti di capitale dispendiosi quanto inutili e dei continui cambi al vertice del Monte dei Paschi, fino al ritorno dello Stato come azionista di maggioranza. Dopo l’addio di Alessandro Profumo da presidente, che approderà a vertici ben più importanti come Finmeccanica-Leonardo, e il quarto aumento di capitale da 3 miliardi, che ha visto il Tesoro ritornare azionista Mps al 4%, il tandem Tononi-Viola deve fare i conti con la bocciatura fragorosa agli stress test della Bce. Il Monte è la peggiore banca tra le 51 europee, i ratios patrimoniali sono pesantemente negativi, serve altro capitale per tappare la voragine.

 

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Nell’estate del 2016 si lancia un nuovo aumento da 5 miliardi, il Governo Renzi corteggia il fondo sovrano del Qatar, che sarebbe pronto a diventare azionista Mps. Il ministro Pier Carlo Padoan, forte del 4% del Mef, assieme alle banche del consorzio di garanzia, decidono di cambiare l’amministratore delegato del Monte. Fabrizio Viola lascia, al suo posto arriva Marco Morelli. L’aumento di capitale, però, non va in porto. Così, dal 23 dicembre 2016 ritorna il Monte dei Paschi di Stato, grazie alla ricapitalizzazione precauzionale da 5,4 miliardi di euro più 2,7 miliardi di bond subordinati convertiti in azioni. L’effetto è che il Tesoro sale al 68% del capitale Mps, sottoscrive il piano di ristrutturazione con la Ue 2017-2021 e la banca senese diventa la prima ad essere salvata da aiuti di Stato.

Questo mentre a Milano vanno in scena i processi per il pasticcio dei derivati Alexandria e Santorini. Sono tre le sentenze da rimarcare. La prima è quella della Cassazione, che cancella l’ostacolo alla vigilanza e inchioda eticamente Bankitalia e Consob alle loro responsabilità sulle conseguenze dell’affare Antonveneta. La seconda è del novembre 2019 ed è la pesante condanna per Mussari (7 anni e mezzo), Vigni (7 anni e 3 mesi), Baldassarri, altri dirigenti Mps più i vertici di Nomura e Deutsche Bank per manipolazione di mercato, falso in bilancio e falso in prospetto. Il 2 dicembre inizierà il processo di appello, molte accuse rischiano la prescrizione, così come sono state ridotte le multe milionarie per i manager di Deutsche e Nomura. La terza sentenza è la condanna a ottobre 2020 contro Profumo, Viola e Salvadori, sempre per la faccenda derivati. I pm di Milano avevano chiesto l’assoluzione, il giudice ha condannato a sei anni gli ex vertici Mps. L’era Morelli, gli anni delle perdite sopra i 3 miliardi e del riscatto del Monte sono raccontati nella pagina accanto.

Cosa resta di questa storia sugli ultimi 30 anni del Monte dei Paschi? Molti fattori hanno portato il transatlantico Monte alla collisione con l’iceberg Antonveneta e alla falla da 17 miliardi di euro che ha condotto la banca alla deriva. Prima la cupidigia della politica locale che ha messo le mani sulla Fondazione Mps e poi sulla Banca, issando sulla plancia di comando dei capitani inadatti e poco competenti. Poi, la notte del 7 novembre 2007, la vicenda Monte è diventata uno spaghetti western, ’Un genio, due compari, un pollo’. Il genio è Botin, che ha incassato 9 miliardi, facendo pagare al Monte lo smacco subìto per l’affare San Paolo-Imi.

I due compari sono la Banca d’Italia e i leader politici nazionali: la prima perché ha dato il via libera all’acquisizione, nonostante il prezzo abnorme e quell’ispezione di pochi mesi prima che aveva bocciato sonoramente i conti di Antonveneta. La seconda con tutti gli osanna al management del Monte e le spinte a far tornare Antonveneta un tassello della terza banca italiana. Il pollo è soprattutto, ma non solo, Giuseppe Mussari; anche il presidente della Fondazione Gabriello Mancini, i consiglieri d’amministrazione, i deputati, i vertici di Comune e Provincia che hanno votato all’unanimità tutte le operazioni legate alla sciagurata acquisizione. Questo racconto è l’anatomia di un suicidio di una banca e di un gruppo di apprendisti banchieri. Per ora solo tentato suicidio. Ma il paziente Monte non tornerà più come prima.

(7-fine)