Ingegneria genetica: nuove prospettive di utilizzo sulla viticultura

L'editing genomico come mezzo per salvaguardare la qualità dei nostri prodotti tradizionali e aumentare la produttività delle aziende di settore. A parlarci dei pro e dei contro delle nuove tecniche di ingegneria genetica applicata all'agricoltura è l'analista Leonardo Comucci

Leonardo Comucci, analista dell'economia delle aziende vitivinicole

Leonardo Comucci, analista dell'economia delle aziende vitivinicole

Firenze, 12 gennaio 2021- Nuove tecniche di ingegneria genetica si prospettano come opportunità per il settore della viticoltura toscana. A parlarcene è l'analista dell'economia delle aziende vitivinicole Leonardo Comucci, presidente dell'Associazione Il Santuccio, recentemente nominato console onorario dell'Uzbekistan. Dottor Comucci, ci parli qual è la situazione attuale dell’agroalimentare in Italia? «L’agroalimentare è la punta di eccellenza di un sistema agricolo che negli anni, attraverso prodotti locali tradizionali, noi italiani abbiamo saputo valorizzare e difendere con marchi a valenza europea come D.o.p. (Denominazioni di Origine Protetta), I.g.p.(Indicazioni geografiche protette) e S.t.g.(Specialità Tradizionali Garantite). Tra prodotti di ortofrutta e cereali, formaggi, oli, vini, pasta e specialità di carne, siamo riusciti a registrare ben 311 prodotti a livello europeo, secondo l’ultimo aggiornamento pubblicato dal Ministero dell’Agricoltura».

Qual è l'origine di questo successo? «Il connubio vincente è sempre stato tra la costanza della tradizione e il miglioramento del prodotto finito. Da quando è nata l’agricoltura e sono stati fatti i primi esperimenti di coltivazione, si è sempre cercato di far evolvere le piante nella direzione voluta dall’uomo e negli anni -utilizzando tecniche di incroci ripetuti- è stato possibile ottenere varietà resistenti a particolari fattori negativi con un processo lento ma efficace. La contropartita è che qualche volta abbiamo ottenuto varietà leggermente differenti dalle originali, e in alcuni casi sono andati perduti alcuni tratti organolettici tradizionali. Questa, fino ad ora, era stata però l’unica strada percorribile per difendere il nostro patrimonio agricolo tradizionale, che deve essere salvaguardato dai nuovi patogeni, quasi tutti provenienti dall’estero e che si stanno diffondendo con una velocità inimmaginabile fino a qualche anno fa. Penso alla Xylella fastidiosa che ha provocato danni enormi all’ovicoltura pugliese o la cimice asiatica o la Phyllosticta citricarpa responsabile della macchia nera degli agrumi o ancora altri insetti come il coleottero giapponese Popilia japonica. Per proteggere le nostre produzioni agricole tradizionali è necessario investire nella ricerca creando varietà vegetali più resistenti agli attacchi di nuovi fitopatogeni. Se da un lato, in un'agricoltura che si professa sempre più “green” e sostenibile, non è più pensabile continuare con l’uso smisurato di pesticidi e fertilizzanti, oggi abbiamo un'alternativa e siamo di fronte ad un possibile cambio epocale. Sono infatti disponibili una serie di tecniche di miglioramento genetico (cisgenesi ed editing genomico) che possono portare ad ottenere lo stesso risultato degli innesti in tempi molto più veloci e con conseguenze migliori in termini di effetti indesiderati, oltreché una maggiore precisione sui risultati voluti, con minore impatto sulle varietà esistenti. In questo modo, potremmo essere in grado di preservare le varietà tradizionali con modifiche puntiformi che non alterano il patrimonio genetico della varietà autoctona di partenza, assicurate da tecnologie come Crispr/Cas9. In questo caso, l’innovazione tecnica e scientifica ci consentirebbe di preservare e migliorare i nostri prodotti agricoli tradizionali, garantendo al contempo la sostenibilità ambientale.»  

Cosa dobbiamo aspettarci dal futuro, a questo punto? «Chiamiamolo pure presente. L’Editing Genomico è una tecnica di ingegneria genetica che permette di modificare geneticamente il DNA in qualunque tipo di cellula vegetale e animale;  la correzione può avvenire anche per un singolo e minimo errore, in qualsiasi punto del genoma. La differenza con altre tecniche simili è che l’Editing Genomico consente di modificare e sostituire parte del D.N.A. genoma, con tagli precisi, di un qualsiasi organismo vivente, tramite la sostituzione della porzione di Dna tagliato con un’altra porzione appartenente allo stesso genoma; in agricoltura questo si traduce nella possibilità di selezionare le caratteristiche migliorative delle piante, senza introdurre tratti estranei alla pianta stessa. E qui torniamo al concetto di tradizione e innovazione, arma vincente della nostra agricoltura. Il ricorso all’innovazione può permetterci di mantenere le nostre varietà tradizionali e la nostra competitività sui mercati, aumentando al contempo sostenibilità ambientale, economica e sociale. Per l’agricoltura italiana, ad esempio, questo vuol dire ridurre l’uso di pesticidi in viticoltura introducendo per via genetica la resistenza a funghi parassiti nella vite o aumentando la tolleranza alla siccità nel grano duro».

Dottor Comucci, quali sono le controindicazioni? «La ricerca scientifica in effetti fa passi da giganti ma in agricoltura ci vuole ancora un po’ di tempo e le controindicazioni possono essere diverse. Abbiamo parlato delle possibili applicazioni nel campo vitivinicolo, settore agricolo toscano per eccellenza, ma bisogna necessariamente considerare i cicli lunghissimi della vite. La scarsa conoscenza delle funzioni geniche e delle loro interazioni con l’ambiente, nonché la mancanza di tracciabilità, richiedono la massima precauzione possibile e la materia necessita di una regolamentazione simile a quella per le tecniche di ingegneria genetica “convenzionali”, i cosiddetti Ogm. Anche la Corte di Giustizia Europea -in una causa proprio riferita all’Editing Genomico- ha stabilito che gli organismi ottenuti mediante tecniche o metodi di mutagenesi costituiscono organismi geneticamente modificati, con tutte le conseguenze che ciò comporta. Non sono dunque considerati OGM solo gli organismi ottenuti con tecniche o metodi di mutagenesi utilizzati convenzionalmente, in varie applicazioni, con una lunga tradizione di sicurezza. E se da un lato queste tecniche di ingegneria genetica ci vengono presentate come un modo per accelerare il miglioramento genetico con obiettivi mirati, attraverso metodologie analoghe a quelle degli Ogm ma senza andare oltre a ciò che potrebbe in qualche modo avvenire in natura, dall’altro lato si trascura il fatto che l’agricoltura non è una materia da laboratorio, dove tutto avviene in un ambiente controllato. Non si tengono in considerazione i fattori esterni come l’equilibrio degli ecosistemi, il valore del lavoro dell’agricoltore e la selezione in campo. Probabilmente la discussione su questo tema è solo agli inizi e potrà portare nel corso dei prossimi anni anche a cambiamenti radicali, dopo che siano stati approfonditi tutta una serie di temi scientifico legali che riguardano principalmente la sicurezza di simili modifiche genetiche. Nel mondo della viticoltura toscana c’è comunque un grande interesse sulla materia, soprattutto come obbiettivo finale per la creazione di vitigni resistenti alle malattie: non solo come mezzo per ridurre l'impatto ambientale dei trattamenti fitosanitari, ma anche come strumento utile a mantenere le produzioni di qualità».  

Caterina Ceccuti