Terremoto a Firenze, "la scossa avrebbe potuto fare danni". L’analisi del geologo

Massimo Coli: "Raggiunta magnitudo 3.7 a circa 10 chilometri di profondità: in altri territori sarebbe andata peggio"

I controlli effettuati dai carabinieri nel Mugello dopo le scosse di terremoto nel 2019

I controlli effettuati dai carabinieri nel Mugello dopo le scosse di terremoto nel 2019

Firenze, 4 maggio 2022 - La terra torna a tremare a Impruneta, scuotendo Firenze e buona parte della provincia. Si riaccende così l’attenzione su una delle zone a rischio sismico della Toscana, particolarmente vicina al capoluogo e già in passato protagonista di terremoti. Ne abbiamo parlato con Massimo Coli, professore di geologia strutturale e del sottosuolo dell’Università di Firenze.

I controlli effettuati dai carabinieri nel Mugello dopo le scosse di terremoto nel 2019
I controlli effettuati dai carabinieri nel Mugello dopo le scosse di terremoto nel 2019

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Professore a quale tipo di evento abbiamo assistito?

"Una scossa di magnitudo 3,7, con epicentro 4 chilometri a sud-ovest di Impruneta, a circa 10 chilometri di profondità, quindi fra la stessa Impruneta e San Casciano".

Una scossa che non ha fatto danni.

"L’entità della scossa sarebbe stata sufficiente a provocare qualche danno. Fortunatamente abbiamo edifici di buona qualità che già in altre occasioni hanno dato prova di resistere alle scosse. In altri territori, a parità di magnitudo, ad esempio, ci sono state conseguenze ben più gravi".

Merito del rispetto delle norme antisismiche?

"Gli edifici più antichi non rispettano formalmente quelle norme, ma sono a prova di terremoto, visto che hanno resistito nei secoli a varie scosse".

Ad esempio, professor Coli?

"Per citare il caso di Firenze, il 35% degli immobili è stato costruito prima del 1895 e ha retto al terremoto di quell’anno: questo fa sperare in una buona tenuta. C’è qualche carenza in ciò che è stato costruito fra gli anni ’50 e ’70, ma per l’edificato successivo è stata rispettata la normativa antisismica e questo dà i suoi effetti".

Come mai la scossa è stata percepita in tutta la piana fiorentina in modo così forte?

"La faglia di Impruneta è, fra quelle attive in Toscana, la più vicina a Firenze: non a caso è stata causa di terremoti storici importanti, incluso quello del 1895 che ha fatto i danni più gravi in città. Le scosse che si generano qui impattano su un’area densamente abitata e vengono percepite da moltissime persone".

Quali sono le altre zone toscane a rischio sismico?

"Abbiamo tre faglie attive, che portano periodicamente a scosse d’intensità diversa. Le più forti sono state registrate nel tempo nella bassa Garfagnana. Segue il Mugello e infine Impruneta che fra le tre è la zona con scosse più lievi ma di grande effetto, per ciò che dicevamo prima".

Dobbiamo aspettarci altre scosse?

"I terremoti non si prevedono, ma dopo una scossa è probabile che ce ne siano altre progressivamente più lievi".

In conclusione, professore, possiamo stare tranquilli?

"Sui terremoti non dobbiamo mai abbassare la guardia, lavorando sempre sulla prevenzione. Come Dipartimento di scienze della terra dell’Università di Firenze abbiamo appena finito uno studio richiesto dal Comune di Firenze, su finanziamento della Regione, per la microzonazione sismica in vista dell’aggiornamento del piano strutturale e del regolamento urbanistico".

Quando verrà illustrato questo studio?

"Lo presenteremo il 6 luglio nel salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, ovviamente nel capoluogo toscano. La ricerca conferma che Impruneta è la zona sismogenetica più vicina alla città, con scosse di media intensità che possono portare a ‘risentimenti’ non eclatanti, la cui distribuzione è legata al tipo di terreno e di costruzione, con variazioni iper-localizzate. Da qui l’importanza di studi come quello che abbiamo elaborato, ma anche della verifica sismica locale ogni volta che si costruisce. Solo lavorare in questa direzione può darci la giusta tranquillità".