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Carrara, 27 gennaio 2022 - Carrara, Vercelli, Ferrara, la Svizzera e l’atroce sagoma di Auschwitz sullo sfondo. Sono tutte le tappe di un viaggio fatto di soprusi, paura e disperazione, ma anche di generosità e speranza che portò un giovane ingegnere del Nord Italia, Marcello Pesaro, assieme a sua moglie, Giuliana Finzi Magrini, e i loro figli Andrea e Renata dalle rive del Tirreno fino alle montagne dei cantoni elvetici per sfuggire alle persecuzioni razziali.
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La loro storia arrivò persino a Giorgio Bassani che vi si si ispirò per scrivere il suo capolavoro: "Il giardino dei Finzi Contini" e ora è stata riportata alla luce dal lavoro di una studiosa carrarese, Maria Mattei che oggi terrà in consiglio comunale una lectio magistralis sull’argomento. Marcello Pesaro si trasferì assieme alla moglie a Carrara nel 1933 per lavorare alla Ferrovia marmifera, l’imponente strada ferrata che portava a valle i candidi blocchi estratti dalle Apuane.
Qui per loro le cose sembrava andassero per il meglio, ma nel luglio del 1940 tutto finì improvvisamente. L’ingegner Pesaro ricevette una lettera il cui contenuto era tanto esplicito quanto raccapricciante: "Esonerato perché di razza ebraica" riportava la missiva nella quale si specificava che "in conformità alle disposizioni impartite dalle superiori gerarchie da oggi non potete più far parte del nostro personale".
Per lui, sua moglie e i bambini iniziò così una lunga e disperata fuga dall’orrore. Grazie all’aiuto della famiglia Forti, dei ricchi industriali del marmo carraresi nella cui casa avevano abitato durante la loro permanenza nell’alta Toscana, i Pesaro Magrini riuscirono a fuggire a Vercelli, dove Marcello venne impiegato in un pastificio, ma anche da lì, dopo i rastrellamenti che gli portarono i suoceri da Ferrara ad Auschwitz, dovette scappare fino in Svizzera e, a differenza dei genitori della moglie che dal campo di sterminio non tornarono più, riuscì a salvare se stesso e la famiglia. Proprio quei suoceri ferraresi sarebbero poi diventati sotto la penna di Bassani i Finzi Contini.
«Silvio Finzi Magrini – spiega Maria Mattei - fu presidente della comunità ebraica di Ferrara fino al 1943, venne catturato dai fascisti e consegnato alle Ss. Fu imprigionato nel lager di Fossoli e poi deportato ad Auschwitz, dove morì il 26 febbraio del 1944. Sua moglie, Albertina Bassani, fu assassinata nello stesso lager poco dopo.
Giorgio Bassani, in un’intervista a Marco Ansaldo del 2008, su Repubblica, rivelò di essersi ispirato alla famiglia Magrini quando scrisse il suo romanzo. Molte furono le polemiche tra l’autore e i Pesaro Magrini che non si ritrovarono nella descrizione fatta da Bassani. Tuttavia, fu lo stesso Marcello Pesaro a sostenere che i personaggi del Giardino erano chiaramente ispirati alla famiglia Magrini, non ultimo il cane Yor che nel libro compare proprio con il suo nome, tutti tranne Micol Finzi Contini".
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