Boom di dimissioni in Toscana, 50.000 persone lasciano il posto fisso

Per i toscani ora conta più la qualità della vita. Il Covid ha accentuato il fenomeno della "great resignation", le dimissioni volontarie

Boom di dimissioni, ora per i toscani conta più la qualità della vita

Boom di dimissioni, ora per i toscani conta più la qualità della vita

Firenze, 9 luglio 2022 - Dalla tendenza americana delle dimissioni volontarie che in Toscana toccano quota 50mila per il primo trimestre 2022 alle nuove assunzioni per l’area metropolitana di Firenze (nel periodo maggio-luglio). Dalla necessità di investire ancora di più sulla formazione al ruolo cruciale (ma snobbato da molti) degli Its. Il report dell’Ufficio studi della Camera di commercio di Firenze (su dati Excelsior-Unioncamere) evidenzia che il mercato dell’occupazione è cambiato e conta sempre di più il bilanciamento vita-lavoro.

Conta la qualità della vita, cercare magari di avere il weekend libero: il Covid, probabilmente, ha accentuato il fenomeno, partito dall’America, della "great resignation".

In pratica: dimissioni volontarie. Con un’avvertenza: non è un salto nel vuoto, non è che ti stufi del lavoro e allora preferisci lasciarlo e attendere tempi migliori. Lo lasci se trovi qualcosa che, magari a parità di stipendio (o forse anche leggermente più basso), ti permette di avere una vita privata.

Perché bello eh il lavoro però magari prendere ogni tanto anche una boccata d’aria non è male. In Toscana la stima è di 50mila persone che, nei primi tre mesi di quest’anno, hanno scelto le dimissioni volontarie. C’è poi la solita, preoccupante, differenza tra domanda e offerta. La difficoltà di reperimento è arrivata al 41%, rispetto al 30% di tre anni fa. Non è poco. Per il trimestre maggio-luglio le imprese hanno previsto 32.810 assunzioni, il 21% in più dello stesso periodo del 2019 (l’ultimo anno ‘normale’, senza Covid).

Tra le assunzioni il 68,2% è a tempo determinato, il 19,4% a tempo indeterminato. E si è rovesciato il mondo: basta pensare che nel 2001 il 57,6% dei nuovi ingressi era a tempo indeterminato. Come richiesta vanno di moda (qui la proiezione è ai prossimi cinque anni) coloro che hanno competenze green e digitali e, visto il momento, è anche giusto. Se prendiamo l’attuale top tre di figure professionali più richieste troviamo cuochi e camerieri (16,9% del totale), addetti ai servizi di pulizia (15,2%) e commessi (5,8%).

Gli aspetti che emergono sono che non è facile trovare queste figure: le lamentele più frequenti sono legate agli stipendi ma stanno emergendo dubbi proprio sulla qualità della vita. A tutti i livelli comunque per ridurre il gap tra domanda e offerta si deve partire dalla formazione. Su cui è necessario continuare a investire: la Camera di commercio ha presentato la nuova piattaforma interattiva smartfutureorienta.it, nata dall’esperienza di Smart Future Academy, con l’obiettivo di aiutare gli studenti delle scuole superiori italiane a capire cosa fare nel mondo del lavoro. Formazione significa anche Its, istituti che in Italia non decollano, a differenza di altre parti d’Europa (vedi Germania).

E su questo il presidente della Camera fiorentina Leonardo Bassilichi non le manda certo a dire: "Il problema è culturale, non si può pensare che un lavoro sia nobile e un altro no. Questa storia deve finire: l’artigiano vale come il dottore". E ha ragione perché, a Firenze ad esempio, l’eccellenza artigiana è una certezza e dovrebbe essere un valore aggiunto fare lavori manuali. Eppure ancora ci sono molti, fastidiosi, luoghi comuni. "Altro che lavori di serie B", specifica. Sulla formazione, aggiunge il segretario generale della Camera fiorentina Giuseppe Salvini, "dobbiamo puntare sempre più su scuole di alta qualificazione tecnica e professionale". Proprio come gli Its. Speriamo che il messaggio arrivi forte e chiaro.