"Io come Scarface": il trapper e la baby gang. Ragazzino bullizzato sull’orlo del suicidio

Arezzo, particolari inquietanti dalle indagini seguite all’arresto del (presunto) capobanda di vent’anni. Adolescenza violenta

Si indaga sulle aggressioni attribuite alla baby gang di Arezzo (foto di repertorio)

Si indaga sulle aggressioni attribuite alla baby gang di Arezzo (foto di repertorio)

Arezzo, 1 aprile 2022 - Si facevano chiamare ’famiglia Montana’ inneggiando al celebre gangster di ’Scarface’ tanto che in città avevano affisso cartelli – ’walid montana zone’ – per dimostrare il loro controllo sulle piazze del centro a colpi di violenza. I ragazzini li taglieggiavano per avere le cuffie più costose o il cellulare di ultimo grido, li pestavano e minacciavano anche per "affermare una sorta di egemonia criminale nel territorio". "Fai attenzione che ho un coltello e se voglio ti sgozzo", dicevano a 14-15enni individuati come vittime occasionali anche solo per uno sguardo di troppo in mezzo alla strada. E per dimostrare che non scherzavano, facevano leva sulle immagini crude dei video musicali postati sui social mentre contano rotoli di banconote, maneggiano sciabole e armi. E’ il salto in avanti della baby gang aretina, sulla scia di episodi che si susseguono dal nord Italia alla Toscana, composta da una decina di minorenni e capeggiata da un trapper di 20 anni. Walid Rakia è stato arrestato nell’ambito di un’indagine di squadra mobile e polizia municipale, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Giulia Soldini: interrogato, ha ammesso solo due dei sei episodi che gli vengono contestati cercando di adombrare il sospetto di una sorta di congiura in suo danno.

Immigrato di seconda generazione, la dimora abituale nel garage di un amico, il piglio del boss capace di fare proseliti tra i ragazzini minorenni della sua banda, pronti a difenderlo anche dinanzi alle pattuglie della polizia intervenute dopo il pestaggio di un minorenne, accerchiate fino all’arrivo dei rinforzi. Ma pur sempre uno "sfigato", secondo la vicesindaca Lucia Tanti. "Credo che una persona sia molto più delle azioni che svolge, e quindi in questo caso dei reati che compie. Il carcere è indispensabile come percorso di riflessione sulle proprie scelte di vita e, alla fine della detenzione – aggiunge Lucia Tanti – potrebbe servire rendersi disponibile per attività socialmente utili, a pulire i bagni pubblici o a dare una mano ai volontari di varie associazioni. Potrebbe essere un buon esercizio oltre che un modo per chiedere scusa alla città, perché coloro i quali delinquono devono fare ammenda".

Sulla scelta del carcere, la misura più dura per un giovanissimo, hanno pesato i trascorsi, oltre che i fatti "oggettivamente gravissimi". Nel 2018, ricorda il giudice, il nucleo della gang si stava formando sui banchi di scuola, emerge dalle denunce e dall’analisi dei registri dell’Istituto scolastico: Walid ne era già il leader ad appena 16 anni. Un compagno bullizzato fu costretto a cambiare scuola e a smettere di frequentare il centro cittadino ma tale fu la sopraffazione che arrivò al tentativo di suicidio. "Ciò evidenzia come Rakia non abbia il minimo interesse per l’impatto delle proprie azioni sul prossimo, come non abbia mai dimostrato un minimo di ripensamento per le proprie azioni".

L’indagine non è conclusa: la polizia indaga per capire da dove provengano i soldi che la gang mostra nei video: pacchi di banconote. Il dubbio – già emerso dal controllo dei telefoni di alcuni tra loro – è che la banda possa essere attiva in un giro di spaccio come emerge dall’analisi dei cellulari sequestrati. In uno dei controlli Walid aveva anche hashish nello zaino, insieme al collo rotto di una bottiglia. Una delle sue armi.