Firenze, 24 marzo 2014 - C’ è di mezzo l’Appennino, ma il dettaglio geografico non rappresenta una barriera. Anzi... Pare quasi un ponte ideale fra Bologna e Firenze, città artisticamente accomunate dalla bella mostra “Le stanze delle muse - Dipinti barocchi dalla collezione di Francesco Molinari Pradelli” (a cura di Angelo Mazza, con allestimento di Antonio Godoli), fino all’11 maggio alla Galleria degli Uffizi.
Un omaggio alla personalità del grande direttore d’orchestra bolognese scomparso nel 1996, per tutta la vita innamorato della pittura, che ebbe però con Firenze rapporto durato oltre trent’anni, a partire dal 1942, come direttore dell’orchestra del Teatro Comunale.

«È vero, ancora oggi qualcuno racconta che quando il maestro Molinari Pradelli usciva da un teatro, a fine concerto, ci fosse sempre almeno un antiquario ad attenderlo per proporgli dipinti e opere d’arte - racconta il direttore della prima galleria fiorentina, Antonio Natali - . Ma lui sceglieva solo quelli che lo colpivano, non andava alla ricerca della firma prestigiosa. Era un uomo di grandissima sensibilità, è così è riuscito a mettere insieme dipinti di grande poesia».

 

Collezionista spregiudicato, che si faceva guidare solo dal proprio istinto, il maestro Molinari Prandelli agiva sulla spinta che univa al piacere del possesso e all’apprezzamento estetico il desiderio di conoscenza, sollecitato dalle visite ai musei e alle mostre nelle città in cui il “podio” e la sua bacchetta lo portavano. A partire dagli anni Cinquanta coltivò una crescente passione per la pittura, raccogliendo dapprima dipinti dell’Ottocento, quindi rivolgendosi all’arte barocca, mosso da un’attrazione per quegli anni del tutto originale verso il genere della natura morta, i cui studi erano allora alle origini.
 

CENTO i dipinti della collezione del direttore Molinari Pradelli esposti a Firenze: una sezione ricostruisce il rapporto fra il grande direttore e il teatro del Maggio, dove diresse numerose opere liriche. In mostra anche disegni e bozzetti degli allestimenti operistici. Una sala infine ricostruisce la vita a Bologna del grande direttore, attraverso la filmografia di Pupi Avati. Ma, soprattutto, nella collezione prevalgono i dipinti di figura della scuola emiliana, da Guido Cagnacci ai fratelli Gandolfi.

E ancora capolavori di artisti veneti fra cui Palma il Giovane o Giovanni Battista Pittoni. A conferire alla collezione una notorietà internazionale, le nature morte di artisti come Jacopo da Empoli, Giuseppe Recco, Cristoforo Munari, Arcangelo Resani, segno di un intuito fuori dal comune che fece del musicista un autentico conoscitore della pittura barocca italiana. Per tutti: un brivido e un sospiro davanti al “Ratto di Europa” di Cagnacci, rendendo vivo il pensiero di quel discolo di Giove che si immerge nelle voluttuose carni della figlia del re dei Fenici.
 

Letizia Cini

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Titolo
Le stanze delle Muse
Sede
Galleria degli Uffizi, Firenze; fino all’11 maggio
Info
www.unannoadarte.it