Vaccino Covid, quando lo riceveremo. Il (nuovo) cronoprogramma per fasce d'età

Ritardi fino a 2 mesi, si finirà a novembre 2021 (forse). Primo passo: completare sanitari e rsa. Da marzo gli ultraottantenni

Vaccino Coronavirus, un'infermiera (Ansa)

Vaccino Coronavirus, un'infermiera (Ansa)

Roma, 25 gennaio 2021 - Ritardo di due mesi, con slittamento del completamento della campagna vaccinale da fine settembre a fine novembre 2021. E' questa la realistica, ancorché ufficiosa, tabella dei tempi della campagna vaccinale, se non interverranno ulteriori problemi - di autorizzazione Ema o in fase di produzione - per i vaccini in lista. Se accadesse, facilmente si andrebbe al 2022. Non è rosea la situazione sul fronte vaccini e il piano del governo dovrà essere rimodulato in tempo reale: nessuna promessa fatta dai produttori è considerata più attendibile dagli uffici del Commissario Straordinario Anti Covid. E così si procederà a vista, riprogrammando in maniera continua.

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Dopo Pfizer anche AstraZeneca ha annunciato ritardi e comunque non spedirà prima del 15 di febbraio. Secondo quanto detto la scorsa settimana da Giuseppe Conte, AstraZeneca "spedirà 2,3 milioni di dosi entro fine febbraio e 1,1 a marzo, per un totale di 3,4 milioni di dosi invece di 8 milioni". Ma Conte fa confusione tra dosi e vaccini completi (che richiedono due dosi). Il piano vaccinale presentato al Parlamento parla infatti di 16 milioni di dosi AstraZeneca entro marzo, per immunizzare 8 milioni di persone. Se anche il dato fornito da Conte fosse, come pare, riferito a cicli vaccinali completi e non di dosi, la coperta sarebbe molto corta, perchè potremmo a fine marzo contare sulle 6,8 milioni di dosi di AstraZeneca, 8,7 milioni dosi di Pfizer e 1,3 di Moderna. Il totale fa  16,9 milioni di dosi con le quali immunizzare 8.4 milioni di persone. Questo è il dato da cui partire.

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La situazione oggi

Sono 100.863 le persone che a oggi in Italia hanno completato il ciclo della vaccinazione anti Covid, ricevendo le due dosi previste, a fronte del totale di 1.379.124 dosi somministrate, pari al 74,4% del totale di 1.853.475 dosi consegnate alle Regioni. Nel complesso hanno ricevuto il vaccino 901.468 operatori sanitari e sociosanitari, 327.103 appartenenti al personale non sanitario, 137.469 ospiti delle strutture semiresidenziali (Rsa) e 13.084 ultra ottantenni. Sono 1.806.675 le dosi di prodotto Pfizer-BioNTech consegnate nei 293 punti di somministrazione e 46.800 quelle di Moderna. 

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Primo passo completare sanitari e rsa

Il primo passo è vaccinare tutti gli 1.404.037 sanitari e parasanitari e i 570.287 ospiti personale delle Rsa. Sono un milione e 974 mila persone. Ne mancano  935.387. A un ritmo di 70 mila vaccinazioni al giorno servono 13 giorni per completare la prima dose. In questo modo si arriverebbe a metà febbraio, e a fine febbraio con la seconda. Ma il problema è che al momento non ci sono dosi per sostenere questi ritmi. Probabile che si arrivi agli inizi se non alla alla prima metà di marzo.

Da marzo gli ultraottantenni

Molte Regioni vorrebbero iniziare a vaccinare in grandi numeri gli utraottanteni, che sono 4 milioni e 442 mila, a partire dall'inzio di febbraio. In realtà questa data sarà di fatto posticipata di un mese. Da marzo dovrebbe essere disponibile la rete allargata di 1.500 punti di vaccinazione e al ritmo di 180 mila vaccinazioni servirebbero 25 giorni per la prima dose. Considerando la seconda dose si arriverebbe tra la metà e la fine aprile.

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Da fine aprile ultrasessantenni e cronici

Da fine aprile dovrebbe partire la vaccinazione di 13.434.025 persone tra i 60 e i 79 anni d'età e di 7 milioni e 400 mila malati con patologie croniche. Sono 20,8 milioni di persone e per dare loro la prima dose, sempre a 180 mila vaccinazioni al giorno servirebbero 115 giorni, oltre tre mesi e mezzo, per la prima dose. E così si arriverebbe agli inizi di agosto. Se si vaccinasse solo il 70% (ipotesi molto realistica) i numeri scenderebbero a 14,5 milioni di persone e 80 giorni. Quindi metà luglio.

Da luglio/agosto tutti gli altri

A partire da agosto (o da metà luglio, considerando il realistico tasso di vaccinazione del 70%) scatterebbe l'ora di tutti gli altri cittadini italiani. Per fare 32,8 milioni di vaccinazioni servirebbero teoricamente 182 giorni, quasi sei mesi. In realta, considerando un tasso di vaccinazione del 70% della popolazione (che farebbe scendere il numero dei vaccinandi nelle altre fasce di età a quasi 23 milioni), servirebbero 127 giorni per somministrare la prima dose: 4 mesi. E si arriverebbe afine novembre. Considerando che anche nelle fasce più elevate d'età la percentuale di vaccinandi sarà attorno al 70%, si potrà arrivare a fine ottobre/inizi di novembre e completare le vaccinazioni di tutti i cittadini italiani che lo vorranno entro la fine di novembre. Questo se andrà tutto, ma proprio tutto bene.

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Sileri un po' più ottimista

"Le riduzioni di dosi comunicate da Pfizer e da Astrazeneca faranno slittare di circa quattro settimane i tempi previsti per la vaccinazione per il Covid degli over 80 e di circa 6-8 settimane per il resto della popolazione - ha spiegato domenica il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri a Domenica In su Rai 1. "D'ora in poi - ha aggiunto - le dosi a disposizione saranno utilizzate anzitutto per effettuare il richiamo nei tempi previsti a coloro che hanno già ricevuto la prima somministrazione, cioè soprattutto per gli operatori sanitari. Tra due settimane, se tutto va bene, avremo un mercato con i tre vaccini: il che significa riprendere con maggior forza, completare la vaccinazione per i medici e gli infermieri e cominciare con gli over 80. Questo tipo di rallentamento coinvolge tutta l'Europa e buona parte del mondo, ma confido che il ritardo possa essere colmato più avanti".

Garattini: Stati tolgano brevetti

"Se ci sono ragioni importanti di salute pubblica - sostiene Silvio Garattini, fondatore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, in un'intervista al Mattino -, gli Stati possono chiedere o pretendere lalicenza del farmaco per produrlo in grosse quantità. L'Italia, l'Europa possono chiederlo. In un momento di grandi difficoltà bisognerebbe avere il coraggio di abolire i brevetti sui farmaci salva-vita come i vaccini. E se non facciamo le cose alla svelta rischiamo che qualche variante non sia più suscettibile al vaccino".

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"Il caos Pfizer e ora anche AstraZeneca - prosegue Garattini - era ampiamente prevedibile. Non possiamo ragionare con la logica di Amazon: clic, ordino e mi arriva il vaccino. Non funziona così. Sono solo i primi di altri possibili intoppi produttivi, logistici o di altra natura. Ancora una volta è mancata la programmazione, una visione scientifica del problema. Bisogna cercare in fretta altre soluzioni, fare altri accordi, moltiplicare anche da noi le sperimentazioni già in atto per accelerare le approvazioni dei vaccini migliori. Produrre vaccini è complicatissimo e ragionare come fossero banchi a rotelle è sbagliato".

"Come Europa e quindi come Italia ci siamo mossi tardi, Da noi la ricerca è stata considerata per anni una spesa e non un investimento, oggi ne paghiamo le conseguenze. Prevale il pressapochismo. Lo abbiamo visto con la carenza dei vaccini antinfluenzali, con il tracciamento che è saltato, con la app Immuni che non funziona, manca la programmazione. Sui vaccini ci siamo mossi tardi ed è stata sottovalutata la complessità della produzione e della logistica". E le azioni legali"non serviranno alla popolazione. Un'azienda può attaccarsi a cavilli o avere mille ragioni valide per non riuscire a produrre quanto concordato. Per questo vanno preparati più scenari. Le azioni legali vanno bene per eventuali risarcimenti, ma sono cose che vanno per le lunghe e non risolvono il problema della pandemia. Se vogliamo immunizzare la popolazione bisogna trovare nuove soluzioni".

"Va messo in piedi un gruppo di lavoro italiano o europeo di persone competenti, che vada in giro per il mondo a vedere cosa succede a 360 gradi sui vaccini e portare da noi tutto quello che può servire. Lo stesso discorso va fatto sulle cure, come gli anticorpi monoclonali, va fatta una strategia e non aspettare l'ultimo minuto. Non sono aspetti che possono essere messi in mano alla politica, servono professionalità precise che noi abbiamo".