Università e concorsi truccati, "fatti furbo come noi italiani". Ma l'inglese andò dai pm

Il ricercatore era in gara per una cattedra. Cercarono di farlo ritirare per favorire altri candidati

Philip Laroma Jezzi

Philip Laroma Jezzi

Firenze, 26 settembre 2017 - "Smetti di fare l’inglese e fai l’italiano". Tradotto: qui funziona così. Ma lui, Philip Laroma Jezzi, classe 1970, ricercatore che puntava all’abilitazione alla docenza, non ne vuole sapere di "aspettare la seconda tornata", quella che, nei piani del professor Pasquale Russo, influente tributarista nato a Nola e trapiantato a Firenze, sarebbe stata la sua occasione per diventare docente. E' Laroma ad aver innescato tutto, da lì è partito lo scandalo dei concorsi universitari che ha travolto il mondo accademico.

ECCO CHI SONO I PROTAGONISTI

Non è che non sei idoneo alla seconda fascia... non rientri nel patto de mutuando", bisbiglia ancora Russo, raccomandando la segretezza di quel colloquio. Invece Laroma aveva acceso anche il registratore del telefonino e qualche settimana dopo l’incontro, avvenuto il 21 marzo 2013, riferì tutto in procura. Non immaginava Russo (uno dei 45 indagati la cui posizione sarà valutata dal gip all’esito dell’interrogatorio), che quelle sue parole si sarebbero poi trasformate, alla luce delle indagini delle fiamme gialle, in una sorta di confessione sul "sistema" che gestisce e si spartisce il puzzle delle cattedre.

"Non ho da aggiungere altro rispetto a quanto ho detto ai magistrati", dice oggi Laroma, nel frattempo divenuto professore aggregato di diritto tributario all’ateneo fiorentino. Già ai tempi di quell’incontro, aveva tutte le carte in regola per la cattedra. Anzi, il problema era proprio quello: se avesse partecipato lui, gli altri, i prescelti a tavolino, avrebbero rischiato di rimanere a piedi. Ma sarebbe saltato il banco. Per questo, Russo convoca il londinese ostinato.

"È stata fatta la lista e tu non ci sei", chiarisce il professorone, che spiega: "A ogni richiesta di uno dei commissari corrispondono tre richieste", il tutto nella logica del "do ut des: io ti chiedo Luigi e allora tu mi dai Antonio, tu mi dai Nicola, tu mi dai Saverio". E i criteri? "Quelli del vile commercio dei posti", dice il prof. Laroma trasecola.

"Come si fa ad accettare una cosa simile?". "Tu non puoi non accettare, che fai? Fai ricorso? Però ti giochi la carriera così e finisci proprio fuori dall’ambito della scuola". Laroma parteciperà ugualmente al concorso per l’abilitazione. Nella commissione giudicante figurano due dei professori finiti ai domiciliari: Fransoni e Giovannini. Entrambi esprimeranno parere positivo, ma non basterà in virtù degli altri tre voti contrari. Bocciato. In un successivo incontro (anch’esso registrato) verrà rimproverato da un altro indagato, Fransoni, di non aver ritirato la sua candidatura. Circostanza che aveva fatto imbufalire un altro vate del diritto tributario fiorentino, Roberto Cordeiro Guerra, che premeva per Stefano Dorigo del suo studio. 

E oggi pomeriggio a Firenze cominciano gli interrogatori.