Trombosi da vaccino: "Abbiamo una cura, il protocollo funziona"

Rossella Marcucci, professoressa all’università di Firenze e direttrice di Malattie Aterotrombotiche di Careggi, spiega da cosa è provocata la trombosi da vaccini e come è possibile intervenire per curarla

La professoressa Rossella Marcucci

La professoressa Rossella Marcucci

Firenze, 11 giugno 2021 – A poche ore da un’altra giovane vittima, la 18 enne Camilla morta dopo il vaccino, è di nuovo allarme per rischio trombosi. A Fanpage.it Rossella Marcucci, professore di Medicina Interna all'Università di Firenze e direttrice della struttura ospedaliera dipartimentale ‘Malattie Aterotrombotiche’ presso l'Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi di Firenze, spiega cos'è la Vitt, la trombosi provocata da vaccini, e come è possibile intervenire per curarla.

“È una manifestazione trombotica legata a una complicanza immunitaria: si formano degli anticorpi anti PF4, che è un componente delle piastrine; questi anticorpi sono in grado di attivare le piastrine e la coagulazione, che poi dà il quadro trombotico. Si verifica prevalentemente nelle donne giovani, una fascia d'età in cui si muore difficilmente per il Covid, per cui si perde il vantaggio della vaccinazione con questi farmaci, AstraZeneca e Johnson & Johnson, e i rischi sono maggiori dei benefici.”

“Io ho molti pazienti che mi consultano prima del vaccino, ma è anzi sconsigliato sottoporsi a esami, perché non c'è nessun approfondimento clinico che ci consenta di individuare le persone più a rischio. Di test che vanno a ricercare i marcatori di trombofilia, per individuare chi ha una predisposizione per la trombosi, ce ne sono tanti. Ma queste alterazioni non sono rare, possono essere presenti anche nel 3-5% della popolazione. Se fossero queste la causa della Vitt avremmo avuto molti più casi di reazioni avverse gravi. E invece questi eventi legati al vaccino sono rarissimi, e in nessuno dei casi che abbiamo trovato c'è stata una correlazione con la trombofilia. Chi sa di essere portatore di trombofilia non ha insomma un rischio maggiore rispetto al resto della popolazione.”

Riguardo al funzionamento del protocollo per trattare i casi di Vitt, Marcucci afferma che: “È una proposta operativa per casi come questi, e sulla stessa linea è stato pubblicato un altro lavoro internazionale nei giorni scorsi. Il concetto è che questi pazienti vanno trattati con le immunoglobine e la terapia steroidea, cioè il cortisone, per cercare di tenere sotto controllo questi anticorpi; e poi va dato un anticoagulante, che però deve essere diverso rispetto all'eparina, perché il tipo di meccanismo che si innesca – noi lo abbiamo ipotizzato e poi dimostrato – è molto simile a quello che si verifica in una condizione che si chiama trombocitopenia da eparina. In questo caso non è il vaccino ma appunto l'eparina a innescare queste reazioni, sempre mediate da questi anticorpi. È più appropriato allora con la Vitt non usare l'eparina per non correre il rischio di avere una cross-reattività, che potrebbe alimentare questo tipo di reazioni avverse." 

“I sintomi non compaiono subito, non bisogna confonderli con il normale malessere, febbre o cefalea, che comunemente si presentano a poche ore dal vaccino. Per la Vitt la sintomatologia va dai 7 ai 30 giorni post vaccinazione. Si parla di complicanze trombotiche che si manifestano nel distretto cerebrale o addominale.” “L'indicazione, come appunto ha detto l'Aifa, è quella di preferire i vaccini a mRNA, Pfizer e Moderna, per le persone più giovani. I vaccini sono tutti efficaci, ma bisogna tenere conto delle fasce d'età a cui si somministrano, per non mettere in pericolo la salute dei cittadini. Visto anche l'andamento della situazione epidemiologica, in netto miglioramento, non si può accettare che i rischi della vaccinazione siano maggiori rispetto alle conseguenze della malattia”.