2020 ECONOMIA "Siena soffre, il nord va. E ora investimenti"

Bilancini, vicerettore di Imt di Lucca: "Turismo e lusso, settori a rischio. Il rilancio? Con le infrastrutture, non coi consumi"

Operai al lavoro alla Piaggio di Pontedera

Operai al lavoro alla Piaggio di Pontedera

Ennio Bilancini, vicerettore della Scuola IMT Alti studi di Lucca, dove è docente di economia politica (economics) e dove, insieme a economisti, filosofi, matematici, neuroscienziati e statistici studia il comportamento economico.

Ennio Bilancini, vicerettore della Scuola di alti studi Imt
Ennio Bilancini, vicerettore della Scuola di alti studi Imt

 

Com’è stato il 2019, per l'economia Toscana?

“I dati consolidati non saranno pronti prima di marzo aprile. Nel panorama italiano la Toscana sembra collocarsi circa a metà classifica dietro le regioni che negli ultimi anni hanno trainato il paese: Emilia Romagna, Veneto, Trentino, e, in parte, Lombardia, Lazio e Friuli Venezia Giulia”.

La Toscana offre un quadro omogeneo di sé?

Tutt’altro, esistono profonde differenze con una crisi palpabile rispetto al recente passato. Ad esempio a Siena dove è ancora lunga l’onda dello choc della crisi del Mps e di ciò che faceva riferimento alla banca: dal mercato immobiliare all’università“.

Altre crisi?

“Piombino sospesa tra rilancio dell’attività industriale e un cambio di rotta. In fase di ridefinizione anche Livorno e la stessa Viareggio”.

Veramente la nautica va a gonfie vele.

“Si, ma il settore è molto connesso al mercato del lusso“.

Dovrebbe rappresentare una garanzia.

“Le rispondo con una citazione storica. nel 1300 Firenze era la capitale dell’industria tessile d’Europa perché produceva broccati, tessuti destinate alle corone, alle famiglie aristocratiche. Milano produceva panni e fustagni per operai e contadini. Un secolo dopo, Firenze era industrialmente in crisi mentre Milano fioriva anche per gli effetti di mutamenti naturali, sociali ed economici che avevano reso i consumi tessili del ceto medio molto più importanti dei consumi tessili degli aristocratici. Non dobbiamo dimenticarci che i comportamenti economici sono regolati da fattori molteplici e complessi, la cui previsione necessita spesso non solo l’uso di modelli matematici e di tecniche statistiche, ma anche la considerazione di fattori culturali e cognitivi, e che quindi richiede, come facciamo alla Scuola Imt, un gruppo ricerca multidiscplinare".

Quindi?

“Occhio a legarsi esclusivamente al lusso... e, se posso, aggiungerei al turismo”.

Il turismo è il pane della Toscana.

“E naturalmente deve restarlo. La Toscana ha un vantaggio comparato in questo settore. Ma attenzione: il turismo è un settore a bassa intensità di capitale ed elevata intensità di lavoro. Genera molti occupati, ma a bassa produttività e quindi genera poco valore aggiunto e bassi salari. Il contrario, ad esempio, della siderurgia dove sono necessari grandi investimenti di capitale ed il valore aggiunto è grande. Grazie alla siderurgia alcuni paesi sono riusciti ad accrescere in modo permanente la propria ricchezza. Lo stesso non può dirsi del turismo”.

Chi sta meglio, In Toscana?

"La fascia settentrionale anche perché più direttamente agganciata all’industria del nord Italia ed il resto d’Europa. Tengono i distretti: Lucca col cartario, Firenze e Prato“.

In verità Prato appare in flessione.

"Ha difficoltà ma l’industria mantiene un ruolo guida del contesto economico e questo lascia ampie potenzialità di rilancio”.

Nel 2020 si vota per la Regione. Suggerimenti?

“Incentivare gli investimenti privati e ove questi non siano possibili, come spesso accade per le infrastrutture e le telecomunicazioni, serve un intervento tramite soggetti ad hoc come potrebbe essere la Cassa Depositi e Prestiti. In questa fase economia si rilancia incrementando gli investimenti produttivi e non rilanciando i consumi, anche se mi rendo conto che un po’ più di soldi nelle tasche dei toscani sarebbe benvenuto dai più”.

Come fare?

“Non è facile, anche perchè credo che la campagna elettorale verterà su temi che in questo momento sono molto più caldi dell’economia, e cioè le politiche migratorie e il rapporto con la Ue“.

Invece?

“Occorre poter liberare risorse per fare investimenti produttivi sul territorio nazionale, con una prospettiva almeno decennale. Occorre una politica industriale attiva da parte dello stato. Mi permetto poi un rilievo interessato: Lucca è isolatissima sul piano ferroviario. Pisa un po’ meno ma come Livorno fuori dai grandi assi. Ne risente la stessa Pontedera che pure ha un'azienda come la Piaggio. Paghiamo gli investimenti non fatti venti anni fa“.

Comodo, dar colpa al passato.

“E’ così. La Germania gestisce le difficoltà odierne grazie ai frutti degli investimenti d’inizio anni 2000. Le quote di investimento tedesche in ricerca, istruzione ed infrastrutture sono competitive rispetto a quelle dell’intera Ue, mentre l’Italia investe talvolta quanto un singolo land tedesco. La differenza sta tutta qui”.

Piero Ceccatelli