Terremoti, parla il geologo: "Non si possono escludere scosse più forti"

Il geologo Massimo Coli: dobbiamo agire sul rischio, puntando sulla prevenzione. In Toscana scuole e ospedali sono abbastanza sicuri

Massimo Coli

Massimo Coli

Firenze, 10 dicembre 2019 - Il Mugello torna a tremare, cent’anni dopo. A un secolo dal terremoto che il 29 giugno 1919 causò oltre 100 morti e seminò distruzione a Vicchio (Firenze) e in una decina di comuni vicini, un nuovo sisma ha colpito gli stessi luoghi, fra paure e suggestioni. A fare il punto sull’accaduto è il geologo Massimo Coli, professore di geologia strutturale e del sottosuolo oltre che di geologica delle risorse lapidee dell’Università di Firenze, coinvolto in progetti di mappatura sismica della Toscana. Professore, partiamo dalle suggestioni di cui molti parlano. Dopo cent’anni esatti un nuovo sisma, come mai? «Le vie del caso sono infinite. È capitato dopo cent’anni, ma non ci sono motivazioni logiche ipotizzabili. Un terremoto è una rottura con rilascio di energia. Nel momento in cui la pressione supera la resistenza, si verifica la rottura e viene liberata energia che provoca la scossa. Per fare un paragone comprensibile, si può pensare a cosa accade quando si spezza un biscotto». E invece può esserci un legame con quanto accaduto in Albania? «Non ha senso ipotizzarlo. Certo, ogni movimento della terra, anche dall’altra parte del globo, scatena energia e può portare a una concatenazione di eventi. Ma non si può parlare di collegamenti». Qual è la situazione della Toscana a livello sismico? «La Toscana non è fra le Regioni più critiche d’Italia. Guardando le mappe si vede che rispetto a Umbria o Marche la pericolosità sismica ‘sfuma’ avvicinandosi alla nostra regione. Calano sia frequenza che intensità dei terremoti registrati. Ci sono però, anche in Toscana, alcune aree in cui i fenomeni sismici sono ricorrenti. Il livello di pericolosità aumenta via via che dalla costa ci avviciniamo al crinale appenninico». Quali le zone più pericolose? «Mugello e Garfagnana in primis, nel tempo epicentro di vari terremoti. Oltre a quello del 1919, in Mugello, ce ne fu uno significativo nel 1895 in Garfagnana, che provocò danni enormi a Firenze. Poi ci sono le aree di San Sepolcro e Val Tiberina che rappresentano la parte finale di una coda ad alta pericolosità che arriva dall’Abruzzo. Zone come Impruneta e Greve sono sede di un’attività sismica locale, anche se minore». In Mugello prosegue lo sciame sismico. E’ possibile ipotizzare quando finirà? «Non è possibile. Se vogliamo essere ottimisti possiamo considerare la scossa dell’alba di ieri come quella principale e immaginare uno sciame in diminuzione, ma non si può escludere che debba arrivare una scossa più forte. I terremoti non sono prevedibili. Abbiamo limiti conoscitivi e non sappiamo neppure se potremo mai superarli. Possiamo basarci sulla statistica, con 150 anni di registrazioni strumentali e a mille di ricostruzioni storiche. Possiamo agire sul rischio, ben diverso dalla pericolosità». Ci spieghi meglio... «La pericolosità dipende dal territorio, ma l’uomo può agire sul rischio, costruendo con criteri antisismici. La scossa in Mugello è stata importante, con intensità 4.5, eppure gli edifici sono rimasti in piedi e i danni limitati. Questo anche perché, dopo il sisma del 1919, cittadini e istituzioni hanno costruito con attenzione». Parliamo di prevenzione: qual è lo stato di salute degli edifici pubblici e privati? «Già dagli anni Trenta esistono indicazioni chiare per costruire in modo antisismico, mentre per la normativa moderna bisogna aspettare il 1978, dopo il terremoto del Friuli del 1976. Da allora la legge si è evoluta e molto è stato fatto, con obblighi precisi. Per gli immobili pubblici esistenti è previsto un progressivo adeguamento. Sul privato, oltre che sulle nuove costruzioni, gli obblighi scattano in caso di modifiche: in assenza di cambiamenti sta al proprietario monitorare e migliorare la situazione». E in Toscana? «Qui gli edifici pubblici strategici, come scuole e ospedali, sono stati adeguati al ’livello di verifica 1’ che garantisce un buon margine di sicurezza, e molti enti procedono verso step successivi, i livelli 2 e 3. Ci sono progetti pilota come quello che portiamo avanti, come Università, col Comune di Firenze su finanziamento della Regione. Un altro progetto del Comune di Firenze riguarda le verifiche sismiche su edifici storico-monumentali, in primis Palazzo Vecchio». © RIPRODUZIONE RISERVATA