"Genitori, chiedete al figlio come sta, non che voto ha preso"

La psichiatra e il suicidio della quindicenne a Montespertoli: "Oggi i ragazzi agiscono d'impulso, anche a causa dei social. Ma i genitori non siano né inquisitori, né 'spazzaneve'"

Il dramma degli adolescenti

Il dramma degli adolescenti

Firenze, 24 ottobre 2020 - “E’ difficilissimo sondare cosa si agiti nella mente umana. E’ difficilissimo, anche anche per chi viva a fianco di una persona. Prendendo spunto dalla vicenda dell’adolescente di Montespertoli, possiamo solo fare considerazioni generali, nell’assoluto rispetto della vittima e dei familiari“.

Con questa premessa Teresa Zucchi, psichiatra e psicoterapeuta, specializzata nella terapia di situazioni traumatiche dell’adolescenza e ed età adulta e sulla “fame emotiva“ dei disturbi alimentari, esprime considerazioni sulla vicenda di Montespertoli, dove ieri pomeriggio una quindicenne si è uccisa lanciandosi dalla finestra al terzo piano, dopo un diverbio con la madre riguardo all'andamento scolastico.

Tutto sarebbe nato da un confonto sulla scuola, eterno motivo di contrasto fra genitori e figli.

“Eterno, ma con uno scenario completamente diverso dal passato. Oggi rispetto alle generazioni precedenti,  quando pure accadevano gesti estremi per un brutto voto o una bocciatura, i ragazzi sono più fragili, hanno minori 'armature'. Ma il contrasto avrebbe potuto sorgere su qualunque altro argomento.  Il problema non è la scuola ma - parlo in generale, senza riferirmi all'evento specifico - è come i giovani regolano gli stati emotivi, la propria impulsività"

Come lo fanno?

“Sempre più spesso senza mediazioni, senza riflessioni. A ciò contribuiscono vari fattori. Al primo posto cito Internet che, pur fra innumerevoli vantaggi, ha indotto due aspetti negativi: il primo è la sottrazione del giovane ai rapporti diretti, alla sintonia reale ed affettiva con gli altri. Il secondo è che la rete e soprattutto l’uso dei social innescano reazioni immediate, nette, dicotomiche: on-off, bianco o nero. Il tempo di meditare, riflettere o sbollire la rabbia non è concesso“.

E' la civiltà dei like.

«E’ comprovato che l’uso massiccio dei social, reagire istintivamente e velocemente a una notevole quantità di informazioni sensoriali, induca modifiche a livello neuronale. In quei momenti la persona attiva la zona sottocorticale, la parte più antica del cervello“.

A sentirla parlare così sembrerebbe che a rispondere con un like o un pollice verso sia, per dirla con Quasimodo, l’uomo “della clava e della fionda“ e non quello del nostro tempo.

“Per attivare risposte autoriflessive si attinge a parti corticali più evolute, formatesi col tempo e il progressivo civilizzarsi dell’uomo, la sua acquisita capacità di riflettere, meditare e mediare, agire con calma, ’sostando’ sulle cose. L’uomo con in mano lo smartphone non vuole aspettare, vuole tutto subito. E chi utilizza maggiormente Internet sono gli adolescenti. Naturalmente, ognuno con la propria sensibilità, temperamento, attitudini individuali: non si deve generalizzare“.

In questo momento il covid-19, imponendo distanziamenti e limitando o vietando i rapporti diretti, spinge tutti verso la rete.

“E ciò aggrava la condizione specie degli adolescenti, frenandone la relazionalità fisica e biologica verso l’altro, che consiste nel toccarsi, guardarsi negli occhi, adattarsi assieme alle condizioni esterne: tutti fattori che inducono alla regolazione dello stato emotivo rispetto alle altre persone.  E’ qui che hanno casa la mediazione, la tolleranza. A prescindere dal fatto che il periodo di pandemia, con l'incertezza e l'instabilità che trascina con sè, contribuisce assai alla creazione di un generale stato di allerta".

Ma il dramma di Montespertoli è sorto in famiglia, dove il covid ha innescato il contrario dell'isolamento, favorendo il massimo grado della convivenza.

“Ciò che abbiamo detto fin qui vale fra “pari“, fra sé e il mondo esterno. Il capitolo famiglia richiede una lettura a sé, partendo dalla considerazione che comunque coabitazione, convivenza non significano automaticamente sintonia, integrazione con l’ambiente“.

Teresa Zucchi, psichiatra e psicolterapeuta
Teresa Zucchi, psichiatra e psicolterapeuta

Dunque, la famiglia?

Nelle dinamiche genitori-figli la scuola è un nodo fondamentale. Ma un conto è chiedere al figlio cos’abbia fatto a scuola, altro conto accentuare la richiesta della prestazione, della performance. I ragazzi, su questo, sono sempre in allarme, pronti a recepire in modo persecutorio l’osservazione del genitore“.

E’ normale che ogni padre o madre voglia conoscere come va il proprio figlio. 

“E’ un suo dovere. Ma consiglio un approccio particolare: non chiedere 'come vai a scuola?' o 'quanto hai preso al compito?'. Iniziare sempre il colloquio chiedendo 'come stai?', 'come ti senti?'. Interessarsi anzitutto alla sua persona. Le informazioni sul come sta andando a scuola arriveranno naturalmente, senza che il figlio o la figlia si sentano inquisiti, si pongano sulla difensiva e il rapporto si trasformi in miccia“.

Ci sono fin troppi genitori assolutori. Per un brutto voto portano i figli dall’avvocato, oppure direttamente schiaffeggiano l’insegnante.

“Fra i genitori inquisitori e quelli ’spazzaneve’ che sgombrano il terreno dal minimo ostacolo e sono asserviti alle esigenze dei figli, ci sono ampie vie di mezzo. Essere esigenti è la prova che si crede nei figli e nella loro capacità di raggiungere traguardi. Ma occorre fare in modo che i ragazzi abbiano una vita autonoma, mai condizionata dalle aspettative o - peggio ancora - dalle frustrazioni dei genitori“.

Piero Ceccatelli