Il valore della commemorazione, il Festival Puccini, il ricordo delle vittime della strage

Il punto di vista di Alberto Veronesi

Alberto Veronesi

Alberto Veronesi

Firenze, 29 giugno 2020 - Sabato 27 giugno é andato in scena il “Gianni Schicchi” di Giacomo Puccini alla Cittadella del Carnevale di Viareggio, con la regia dissacrante di Valentina Carrasco e la direzione di John Axelrod. Alla fine della recita la toccante ripetizione dell’aria “O mio babbino caro” con la brava Elisabetta Zizzo e le belle immagini proiettate, era dedicata , con commozione, alle anziane vittime del Covid. 

Prima della recita il Sindaco di Viareggio Giorgio Del Ghingaro ha chiesto un minuto di silenzio per commemorare le vittime della strage del 29 giugno 2009, quando alle 23.48, il deragliamento del treno merci 50325 Trecate -Gricignano, dovuto ad un cedimento strutturale dell’asse di un carrello del primo carro cisterna, come gli altri 13 carri zeppo di GPL, ha dato il via a quell’inferno di fuoco ed esplosioni che ha portato, in diversi giorni, alla morte di 32 persone. 

Negli stessi minuti il Festival Donizetti di Bergamo, presente il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, commemorava le vittime del Covid con il Requiem di Gaetano Donizetti. 

Ma perché l’arte e in special modo la musica si presta in maniera così profonda al ricordo, alla commemorazione, alla partecipazione collettiva di sentimenti condivisi?

Come teorizzò Aristotele 2300 anni fa “alcune cose che la natura non sa fare l’Arte le fa”; era la teoria della Mimesi che, in polemica con Platone, che rifuggiva la pratica artistica in quanto pura imitazione della natura (la quale é a sua volta una imitazione del mondo delle Idee), affermava che “l’arte non riproduce passivamente la parvenza delle cose, ma le ricrea in una nuova dimensione”.

Aristotele considerava l’Arte come uno strumento di conoscenza, diverso dalla filosofia e superiore alla stessa Storia, perché quest’ultima si occupa solo del Particolare, mentre l’Arte, scandagliando l’intero mondo del possibile, si occupa dell’Universale.  Infatti l’Arte si occupa non di ciò che é, o é stato “vero”, ma di ciò che é verosimile, cioè costruito con una coerenza, coesione, logicità di fatti che appaiono allo spettatore del tutto plausibili e possibili, verosimili appunto. 

L’ universale della poesia, e dell’arte, non é quello logico della filosofia, ma ha un suo valore a se stante, é un diverso modo, per Aristotele, di arrivare alla verità. È una tesi che sarà ripresa, con più forza ancora e in anni recenti, da Martin Heidegger: l’Essere é nel linguaggio. 

In questo senso possiamo dire che in una rappresentazione teatrale o concertistica, come successo in questi giorni, ci si trovi di fronte ad uno spazio che, celebrando la Verità, in maniera diversa ma equivalente di quanto possa fare la Religione o la Filosofia, ha una sua “sacralità laica”, uno spazio che quindi si presta ai forti sentimenti condivisi quali quelli di una ricorrenza particolarmente toccante come la Strage di Viareggio o le vittime del Covid. 

Oltre a questa considerazione che implica l’aspetto della “Mimesi” dell’Arte, vi é poi l’aspetto della “Catarsi”, che é tipico della tragedia: cioè, sempre per Aristotele, “la imitazione di una azione nobile e compiuta, avente grandezza, in un linguaggio adorno, diverso per ognuna delle parti, la quale per mezzo della pietà e del terrore finisce con l’effettuare la purificazione di siffatte passioni”.

Sempre in polemica con la concezione di Platone in fatto di Arte -concezione serpeggiante anche nell’oggi- e cioè che l’arte, caricandoci di emotività, finisce col distrarci dalla pura ricerca della Verità, Aristotele afferma proprio il contrario: l’Arte ci libera in qualche modo da esse, l’emozione non solo non ci nuoce ma ci risana. 

E ritornando alla strage di Viareggio, che oggi si celebra, vorrei fare riferimento al grande filosofo della esistenza, Karl Jaspers, morto nel 1969, filosofo che ha scandagliato a fondo il tema della colpa e della libertà. 

Egli afferma che la scienza può comprendere gli oggetti del mondo ma non può comprendere il mondo come totalità, come essere. 

Ma le situazioni-limite, le situazioni tragiche, le tragedie immani della storia, le situazioni in cui ci troviamo di fronte alla morte, alla lotta, al dolore, sono quelle in cui vi é il naufragio di tutte le possibilità. Di fronte però al naufragio l’esistenza si apre alla trascendenza,  “quando l’io fallisce nel suo voler bastare a se stesso, si può dire che è pronto per quello che è l’altro di fronte a esso, cioè per la Trascendenza”.

Queste tragedie, anche quella di Viareggio, che oggi commemoriamo, dovrebbero  in altri termini dischiuderci la possibilità di entrare in una dimensione nuova, in una verità intersoggettiva, una verità comune che dovrebbe farci costruire un mondo di relazione tra essere umani, una specie di salto evolutivo, dove tutti potrebbero parlare di più la lingua della verità. 

“Queste situazioni, per Jaspers, sono immutabili, definitive, irriducibili, intrasformabili, sono come un muro in cui urtiamo fatalmente. L’unica cosa che possiamo fare è quella di chiarificarle”.

Per concludere, con questa che é la stessa nostra conclusione: 

“E nella chiarificazione vediamo che in tali situazioni-limite, il vero io, quello che veramente vuol essere se stesso, non può reggersi da solo”.