Ristoranti al chiuso, da domani si può. Si riparte da distanziamento e mascherine

L’ultima cena il 25 ottobre. Cursano: "Mancano gran parte dei dipendenti perché molti hanno cercato occupazioni più stabili" L’amarezza: "Abbiamo scoperto che il picco dei contagi si è verificato quando eravamo chiusi: il nostro sacrificio è stato inutile"

Aldo Cursano e i suoi dipendenti  stanno allestendo il locale per la riapertura

Aldo Cursano e i suoi dipendenti stanno allestendo il locale per la riapertura

Firenze, 31 maggio 2021  -  Da domani potremo rimetterci a sedere al ristorante. Anche al coperto, dentro a un locale e non più solo a un tavolino sul marciapiede o in mezzo a una piazza. Ci sarà ancora il coprifuoco alle 23, ma in qualche modo sembrerà di essere tornati a prima della pandemia. O quasi. I ristoratori esultano, soprattutto coloro che non avevano la possibilità di apparecchiare all’aperto, guardando i clienti sedersi da altre parti. Con l’arrivo di giugno finalmente tutti possono tornare a presentare il menù e a prendere ordinazioni. Ma che fatica ricominciare. Ce lo spiega Aldo Cursano, presidente di Confcommercio della provincia di Firenze, ma in questo caso titolare di un ristorante giapponese in pieno centro storico, fino ad ora chiuso per mancanza di spazio sotto le stelle. Come vi state attrezzando per la ripartenza? "Con grande attenzione, perché siamo consapevoli che la salute e la sicurezza sono e saranno al centro del nostro lavoro. Ma non è semplice. E’ faticoso come aprire una nuova attività". Perché, che cosa vi serve? "Sono sette mesi che i nostri locali sono chiusi. L’ultima cena per noi è stata il 25 ottobre del 2020. In questo periodo è rimasto tutto fermo. Così stiamo verificando che funzioni l’aria condizionata, che le lavastoviglie non si inceppino, che i motori dei frigoriferi siano a posto. E poi ci sono i filtri da pulire, le guarnizioni da sostituire ...Insomma, non è semplice come girare un interruttore. E poi tutti i dispositivi per la pulizia, l’igiene, la depurazione". Va beh, però siete contenti. "Felicissimi. Si ritorna a respirare, dopo un’interminabile e dolorosa apnea. Siamo quelli che hanno portato più di tutti la croce della pandemia, per scoprire poi che il picco dei contagi si è verificato quando i ristoranti erano chiusi. E quindi, credo si possa dire che il nostro sacrificio è stato inutile quanto dannoso per la nostra categoria". Ma quali sono le difficoltà maggiori nel ricominciare? "Essenzialmente la mancanza di personale. In molti casi riapriamo senza gran parte dei nostri lavoratori. Perché in tutto questo periodo di vuoto in molti, coloro che hanno potuto, non ci hanno aspettato". Cioè? "Dopo un anno e mezzo di stop and go, non ci sono tante persone disposte a rischiare ancora col nostro settore. Non sembriamo più tanto affidabili. E siccome con la cassa integrazione e con i ristori non si vive, molti dei nostri dipendenti hanno preferito cercarsi un’occupazione più stabile. Noi siamo ancora visti come la precarietà". Quindi vi manca il personale? "Esatto, io per esempio aprirò solo a cena perché non ho i dipendenti per fare anche il pranzo. E questo proprio in un settore in cui la professionalità, l’esperienza e la competenza sono fondamentali". Veniamo alle mascherine fra il primo e il secondo. "Non c’è mica tanta chiarezza. E’ una di quelle cose che speriamo che venga eliminata, perché ci fa proprio arrabbiare: vuol dire continuare a trasmettere ai clienti insicurezza e paura".