Variante Delta, qualche caso anche tra i vaccinati. Ma non buca i sieri

Il rapporto dell’Istituto superiore di Sanità: protezione oltre il 95% da decessi, ricoveri ordinari e in rianimazione

L’iniezione di una dose di vaccino anti Coronavirus in un hub

L’iniezione di una dose di vaccino anti Coronavirus in un hub

Roma, 22 luglio 2021 - Se potesse, anche Daitarn 3 si vaccinerebbe. Il megarobot giapponese era solito sconfiggere i nemici al grido di "Con l’aiuto del sole, vincerò". Ma ormai è chiaro a tutti che il benefico effetto dell’estate non è sufficiente contro il Coronavirus e le sue varianti. L’impennata di casi a cui stiamo assistendo in questi giorni in mezzo mondo parla chiaro: i raggi ultravioletti da soli non bastano. L’anno scorso, più o meno nello stesso periodo, il virus registrava poche centinaia di infezioni quotidiane. Proprio ieri, abbiamo superato la soglia psicologica dei 4mila casi. E secondo tutti gli analisti le cifre continueranno a crescere nelle prossime settimane. Ma c’è una buona notizia: i vaccini funzionano. E anche l’ultimo report dell’Istituto superiore di sanità lo certifica.

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Tra l’11 giugno e l’11 luglio la stragrande maggioranza dei casi lievi diagnosticati in Italia sono stati identificati in soggetti non vaccinati. Su 27.353 infezioni, il 77% ha riguardato over 12 a cui non era stato ancora inoculato alcun siero. Percentuale che sale al 91% se si tiene conto di chi è risultato contagiato pur avendo ricevuto solo una dose o il monodose entro 14 giorni dalla diagnosi, ovvero il tempo necessario a sviluppare una risposta immunitaria completa. Ancora più chiara la situazione per chi ha dovuto ricevere cure ospedaliere: l’80% non era minimamente protetto dal virus. Cifra che tocca l’85%, se si considerano i ricoveri in terapia intensiva, e un drammatico 72% per i decessi.

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"Tra gli over 80, il 36% delle diagnosi di Sars-Cov-2, il 50% delle ospedalizzazioni, l’81% dei ricoveri in terapia intensiva e il 66% dei decessi sono avvenuti – spiega l’Iss nel suo rapporto, analizzando lo scaglione più protetto – in persone che non hanno ricevuto alcuna dose di vaccino e che sono attualmente il 9,5% della popolazione in questa fascia d’età". Un altro effetto della campagna vaccinale è la diminuzione dell’età per chi viene ricoverato deve essere preso in carico dalle terapie intensive. La mediana di viene ospedalizzato è di 52 anni, contro i 76 fatti registrare nell’aprile del 2020. Chi viene trasportato in terapia intensiva, invece, oggi ha circa 63 anni, contro i 76 di un anno e mezzo fa.

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Ma quindi, quanto sono effettivamente efficaci i vaccini? Secondo i calcoli dell’Iss, la protezione dall’infezione oltrepassa il 71% nel caso del ciclo incompleto, ma arriva all’88% se si sono ricevute entrambe le dosi. Ancora più elevata la protezione rispetto al ricovero in ospedale. L’efficacia in questo caso è in media dell’81% per chi ha ricevuto la prima dose (o Johnson&Johnson da meno di 14 giorni) e del 95% per chi ha completato il ciclo. Per il ricovero in terapia intensiva le percentuali sono 88% per una dose, 97% per due dosi. Per quanto riguarda i decessi, invece, la protezione è del 79% per il ciclo incompleto e del 96% con due dosi.

Guardando i numeri assoluti dei contagi, in diversi hanno espresso il dubbio che non ci sia una gran differenza tra non vaccinati e immunizzati. In realtà, approfondendo, si scopre l’esatto contrario. "Se le vaccinazioni nella popolazione raggiungono alti livelli di copertura – fa notare infatti l’Iss – si verifica l’effetto paradosso per cui il numero assoluto di infezioni, ospedalizzazioni e decessi può essere simile tra vaccinati e non vaccinati. In questi casi, l’incidenza, però, intesa come il rapporto tra il numero dei casi e la popolazione, è circa dieci volte più bassa nei vaccinati rispetto ai non vaccinati. Questi numeri se letti correttamente, quindi, ribadiscono quanto la vaccinazione sia efficace".

Ovviamente meno persone si proteggono, più il virus circola. Con due controindicazioni: trasmettere il Covid a soggetti a rischio di malattia severa (anche se immunizzata) e favorire il fenomeno della comparsa di nuove varianti. Nuove varianti che magari potrebbero bucare i sieri anti Covid. Cosa che, per fortuna, fino a oggi non è ancora successa. "La variante Delta – spiega Guido Rasi, Guido Rasi, ex numero uno dell’Ema e consulente del commissario per l’emergenza Covid – deve preoccupare perché è rapida a diffondersi e in quanto sta colpendo una popolazione di giovani che non sappiamo se sia veramente così invulnerabile come si è pensato finora. In pratica non sappiamo ancora se i ragazzi non vaccinati colpiti da questo ceppo finiscano in ospedale o peggio. Ma per quanto riguarda i vaccini, la variante Delta è completamente sensibile, qualora siano fatti secondo il protocollo: con la doppia dose, anche eterogenea. Quindi bisogna proteggersi. I vaccini rimangono una barriera efficacissima. Poi c’è un 6-7% della popolazione generale che non risponde alla vaccinazione e questa sarà oggetto di studio ed eventuale target per una terza dose".

Anche perché secondo gli studi (preliminari, quindi non ancora sottoposti a una revisione scientifica) , per quanto riguarda i casi lievi, i diversi sieri offrirebbero un diverso grado di protezione contro la variante Delta. Secondo Nathaniel Landau, virologo della Grossman School of Medicine di New York, il siero Johnson&Johnson ha un’efficacia simile a quella di AstraZeneca contro il ceppo che presto diventerà dominante anche in Italia. Si parla del 33%. E allora, se Daitarn 3 dovesse proprio chiedere aiuto a qualcuno, meglio che scelga bene il vaccino.

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