"Il sistema sanitario pubblico sta per saltare. I pronto soccorso sono centri sociali"

Lo sfogo del primario di Torregalli Giannasi: "Qui è un inferno e i medici continuano a scappare". Meno personale, più attese

Un pronto soccorso (Foto di repertorio)

Un pronto soccorso (Foto di repertorio)

Firenze, 26 luglio 2022 - «Il sistema sanitario pubblico sta per saltare». Una fotografia reale, quella di Gianfranco Giannasi, direttore del dipartimento di Medicina d’urgenza dell’ospedale San Giovanni di Dio a Firenze. Qual è la situazione al pronto soccorso?  «L’ospedale per acuti è diventato un centro sociale: ci sono anziani disidratati e con il Covid. Persone che hanno bisogno di cure ma che dovrebbero essere inviate direttamente alle degenze di cure intermedie attivate dai medici di famiglia».  Un pienone di gente...  «E’ usanza tutta italiana venire a morire in ospedale. Ma lo sa che nell’ultimo mese di vita si spende in assistenza sanitaria dieci volte quello che si è speso in tutta la vita?». Perché? «Perché le persone hanno bisogno di dieci ricoveri. E non ha senso. Dovrebbero essere prese in carico dai medici delle cure intermedie e palliative ma assistite a casa propria».  Dove manca il personale «Siamo in gravissima carenza di medici e di infermieri. E quei pochi che ci sono non so quanto resteranno perché la vita qui dentro è diventata un inferno».  E’ per questo che poi ci sono le attese lunghe... «Pensi che al pronto soccorso di Prato ci sono 4 medici nel turno di mattina, 4 medici il pomeriggio e due la notte. Prima erano 8 la mattina, 8 il pomeriggio e 3 fra sera e notte. Come fanno?».  E da lei, a Torregalli, come fa?  «Abbiamo 4 medici nel turno di mattina, 4 al pomeriggio, uno che fa dalle 20 a mezzanotte e uno dalle 20 alle 8 di mattina. Prima ce n’erano 6 la mattina e 5 il pomeriggio. Si fa male. Si vuole fare di una Cinquecento un pullman gran turismo, ma così le cose non funzionano».  Pensa di poterli recuperare? «Come? A novembre perderò altri due medici. Da 16 scenderò a 14. Si dovranno rivedere gli standard, perhé per fare i turni servono almeno 16 medici e io non li avrò. Si farà con 3 medici la mattina, 3 il pomeriggio e 2 la notte. Più di quello è impossibile».  Perché se ne vanno altri due? «Vanno a fare i medici di medicina generale, guadagnano il doppio. Hanno il sabato e la domenica liberi, non lavorano la notte, né festivi e prefestivi. Prendono seimila euro mentre un medico di pronto soccorso ne prende 2.400. Ma di cosa parliamo?».  Uno stress enorme. «Se si continua a a stressare così il sistema andranno via anche i pochi rimasti, perché questa non è vita».  Come può alleggerire il carico? «Ho sempre meno strumenti. Perché con queste poche risorse non si potranno più fare osservazione breve né subintensiva di pronto soccorso che sono reparti dove le persone hanno avuto già la diagnosi e quindi più leggeri rispetto al turno cosiddetto di ‘banchino’ in prima linea. Sono indispensabili per il turnover e il ristoro del personale».  La conseguenza per i pazienti? «I tempi di attesa saranno esorbitanti».  Non tutti sono pazienti gravi... «Il 40% degli accessi ai pronto soccorso della Toscana sono codici a bassa priorità, una cosa che non esiste in nessuna regione: al massimo c’è il 15%. Poi non abbiamo percorsi fast -track. Ci sono tre ospedali che insieme non ne fanno uno. Mancano l’otorino, il dermatologo, l’oculista, lo psichiatra. Quello che sanciva la delibera della Regione viene costantemente disatteso». E il futuro? «Se non ci mettono mano la vedo dura, c’è un bando di concorso di medicina interna: se 30-40 medici di pronto soccorso faranno il concorso e lo vincono... Ma sì che lo vincono, perché sono bravi. Il pronto soccorso è una grande scuola. Quello che si impara qui, da nessun’altra parte».  E i pazienti? «C’è chi sta male e ha bisogno. E dovrebbe avere tutta la nostra attenzione. Poi c’è chi ha scambiato il pronto soccorso per l’ambulatorio del medico di famiglia. La gente è sempre più arrogante e prepotente, ha tutti i diritti del mondo e urgenze che non lo sono e porebbero esserre dirottate in altri servizi».