Agroalimentare: è toscano il 10% dei prodotti Dop e Igp in Europa

Con 31 prodotti agroalimentari riconosciuti a livello comunitario nel 2021, la Toscana mostra una volta di più il valore della sua produzione enogastronomica

Buyfood

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Firenze, 21 ottobre 2021 - Prodotti a base di carne (6 denominazioni per 51 milioni di euro di valore) settore caseario (3 denominazioni per 31 milioni di euro), panetteria e pasticceria (4 denominazioni per 26 milioni di euro), olio extravergine di oliva (5 IG per 25 milioni di euro), carni fresche (3 IG per 18 milioni di euro). Infine, ortofrutta e cereali (ben 8 denominazioni per oltre 500 mila euro ). E’ questa la top five dell’agroalimentare certificato toscano che ‘spopola’ in Europa, rappresentando il 10% sul totale delle IG. Segno di un settore fortemente apprezzato in tutto il continente. Non a caso la produzione agroalimentare certificata made in Tuscany in cinque anni ha visto crescere il proprio valore del 47% rispetto a un dato nazionale pari a +19% nello stesso periodo.

La Toscana si conferma così di gran lunga prima regione italiana per numero di denominazioni e la prima per superficie coltivata certificata. In tutto parliamo di 89 prodotti DOP e IGP made in Tuscany, di cui 31 esclusivamente legati al food, nella cui produzione sono impiegati oltre 12 mila operatori.

I dati sono emersi nel corso della terza edizione di BuyFood Toscana 2021, vetrina internazionale dei prodotti agroalimentari certificati promossa da Regione Toscana e Camera di Commercio di Firenze, organizzata da PromoFirenze e Fondazione Sistema Toscana, in corso a Siena nel Complesso di Santa Maria della Scala da lunedì 18 ottobre, con 63 produttori toscani selezionati tramite bando regionale e 46 buyers stranieri provenienti da 19 Paesi nel mondo.

Quella delle certificazioni di qualità è una storia tanto lunga quanto lungimirante. Il percorso inizia nel 1996 quando - tra le prime regioni in Italia - la Regione Toscana avvia il riconoscimento di prodotti agroalimentari quali il Prosciutto Toscano DOP, il Farro della Garfagnana IGP, il Marrone del Mugello IGP e il Pecorino Toscano DOP

La produzione agricola della Toscana vale 2,6 miliardi di euro, di cui 2,2 afferenti ai soli prodotti alimentari escluso il vino, la cui incidenza è pari al 17%. A tale ammontare deve aggiungersi il valore aggiunto dell’industria di trasformazione alimentare pari a 1,3 miliardi di euro. Oggi la parte da leone è fatta da Prosciutto Toscano DOP, Pecorino Toscano DOP, Olio Toscano IGP, Cantucci Toscani IGP e Finocchiona IGP, che da soli rappresentano l’80% del valore alla produzione IG della regione ed appartengono ai comparti che hanno maggior peso sul valore alla produzione regionale.

Da sottolineare la performance del Cantuccino Toscano IGP, la cui produzione certificata annua è passata da 385 mila kg a oltre 2,6 milioni di kg nell’arco di 5 anni (2016-2020), per un valore all’origine cresciuto da 12,7 a 23,9 milioni di euro l’anno nello stesso periodo e un valore al consumo stimabile il doppio di questa cifra. Neanche il Covid ha interrotto il trend positivo del biscotto con le mandorle, grazie a un ecommerce cresciuto del 300% nel 2020.

Soprattutto grazie a questi prodotti il valore delle esportazioni agroalimentari IG è cresciuto dell’83% nel periodo 2015-2019 ed è pari, nel 2019, a circa 74 milioni di euro. Il 39% delle produzioni DOP e IGP vola verso gli USA, il 27% in Germania, l’11% verso il Regno Unito, il 5% in Canada e 2% nei Paesi Bassi.

Un successo che ha una ricaduta notevole anche in termini di occupzione. In Toscana si contano circa 43.500 imprese agroalimentari di cui quasi 40.000 afferenti al settore dell’agricoltura, silvicoltura e pesca e oltre 3.500 all’industria alimentare e delle bevande. Le imprese toscane rappresentano complessivamente il 5% del totale nazionale. Su 1,7 milioni di occupati in Toscana, 51.700 operano nel settore dell’agricoltura. Dai dati elaborati da Ismea emerge che su circa 23mila occupati nella filiera dell’olio extravergine d’oliva in Italia, 10mila lavorano in Toscana. Insieme all’Emilia Romagna, la regione detiene anche la metà degli impianti di lavorazione delle carni del Paese.